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Quando la guerra attacca la mente

Secondo la psicologa Marina Lang sono meglio ‘dosi’ puntuali di informazioni di qualità

Secondo la psicologa Marina Lang sono meglio ‘dosi’ puntuali di informazioni di qualità

Sembra surreale, ma dopo due anni di pandemia a scuotere l’Europa e il mondo intero è una guerra. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta avendo drammatici risvolti umanitari e politici. I media pubblicano aggiornamenti senza sosta e in molti si stanno mobilitando per aiutare i profughi. Per quanto gli attacchi bellici non stiano avvenendo alle nostre latitudini, ad aleggiare anche qui sono sentimenti di preoccupazione e paura. Ne abbiamo parlato con Marina Lang, psicologa della Polizia cantonale, che spiega come gestire le varie informazioni e le emozioni che stanno caratterizzando questi giorni.

Quali risvolti psicologici può avere la guerra in Ucraina sulle persone che vivono alle nostre latitudini e che non sono direttamente coinvolte in questa situazione?

Si stanno facendo strada sentimenti come ansia e paura, anche se ancora in maniera contenuta. Quello che percepiamo dalle notizie riportate dai media è una sottile allerta. La guerra si sta svolgendo in un luogo geograficamente ritenuto vicino a noi e suscita meccanismi psichici che fanno innalzare il nostro livello di guardia. Essi scattano da soli e sono molto sani perché ci permettono di tutelarci. È grazie a loro se come specie siamo riusciti a sopravvivere a determinati pericoli e a trovare strategie utili per la nostra vita.

Ti–PressMarina Lang, psicologa della Polizia cantonale

Non bisogna dunque allarmarsi: sono reazioni del tutto normali.

Esatto, se proviamo moderate sensazioni di agitazione, paura, ansia, non dobbiamo spaventarci. Fanno parte di noi e ci indicano che la situazione ha bisogno della nostra attenzione.

Lo stesso è successo durante la pandemia. Anche in quel caso c’era, anche se solo inizialmente, un elemento lontano geograficamente. Era qualcosa di sconosciuto che ci metteva in allerta, che non potevamo controllare direttamente.

Trovo che sia molto interessante fare attenzione a quello che accade dentro di noi. Di fronte alle situazioni sconosciute ci riscopriamo molto ‘animali’. Si attivano dei meccanismi di difesa che, se impariamo ad ascoltare, risultano essere dei grandi alleati.

‘Ritengo che il meccanismo di allerta scatti in maniera naturale e poi stia a noi imparare a gestirlo’

Stare troppo tempo in questo stato di allerta però, soprattutto quando il pericolo non è così vicino, non è molto sano.

Ritengo che il meccanismo di allerta scatti in maniera naturale e poi stia a noi imparare a gestirlo. Qui subentra una parte più razionale che è caratterizzata dalla contestualizzazione. È necessario informarsi quel minimo che basta per capire qual è il livello effettivo del pericolo.

In pratica significa filtrare le informazioni, ridimensionare le notizie, svuotarle dalla parte più sensazionalistica, emotiva, e prenderne gli aspetti più concreti. Vuol dire anche provare a capire e ricercare determinate informazioni che ci sfuggono legate magari alla storia.

DepositphotosSiamo circondati da notizie continue su tutti i dispositivi

Le informazioni che arrivano sono molte.

Per questo motivo bisogna fare uno sforzo di traduzione di quella che sta diventando, come era anche per la pandemia, una valanga di notizie che ci travolge. Dobbiamo tutelarci mettendo dei limiti: ricordiamoci che non è la quantità che serve a valutare la situazione, bensì ‘dosi’ puntuali di informazioni di qualità.

Concretamente come si può fare a contenere la valanga di notizie?

Mettendo ad esempio delle regole: decido di seguire le notizie in determinati momenti del giorno e su determinati canali che ritengo sufficientemente validi e certificati.

Importante è anche tradurre le informazioni ai bambini che, non avendo ancora gli strumenti per farlo, ne hanno maggiormente bisogno. Spiegare a loro ci obbliga a fare questo lavoro di filtraggio, che è utile anche per noi.

‘Leggere le notizie è meglio dello stimolo diretto televisivo o radiofonico’

Quanto tempo al massimo bisognerebbe passare a informarsi?

È difficile dare un limite di tempo perché ognuno è diverso e può essere più o meno abituato a ricevere input di questo tipo. Parlerei piuttosto di momenti della giornata. La mattina la necessità di ricevere informazioni è più alta perché è trascorsa tutta la notte. Quindi è normale e sano voler capire cosa sia successo nel frattempo. Bisogna però essere in grado a un certo punto di fermarsi e non continuare a guardare continuamente il telefono o altri mezzi nelle ore successive.

Inoltre è meglio che questi momenti non siano quelli conviviali. Durante i pranzi, le cene, quando ci si trova al tavolo con la famiglia, ecco, lì dev’essere fatto piuttosto un lavoro di traduzione delle notizie. È meglio evitare di portare in quei contesti lo stimolo diretto che entra nelle case senza averlo filtrato.

La lettura, invece che l’ascolto o la visione di notizie, è pure un mezzo migliore. Essa ci obbliga a passare da un filtro razionale e cognitivo più intenso, più elaborato, a differenza dello stimolo diretto televisivo o radiofonico.

‘Meglio non lottare immediatamente contro l’ansia e la paura’

Quali sono altri modi per abbassare il livello di preoccupazione?

Di solito risulta utile dare un senso a ciò che sta avvenendo. Rendendo meno misterioso l’avvenimento, esso viene percepito come meno minaccioso. Capire le ragioni di quello che sta accadendo in questa circostanza specifica è una bella sfida, ma non per questo bisogna rinunciarvi. Un modo è provare a comprendere qual è la realtà di questi Paesi, recuperare informazioni storiche e geopolitiche. La strategia principe di tutte le situazioni che ci creano paura e un senso di allerta e di minaccia è quello di andare a fondo.

Un’altra può essere quella di non lottare immediatamente contro l’ansia e la paura. Respingere subito le sensazioni che provo e cercare di scappare da esse non le farà andare via. Imparare a stare un po’ con esse è più utile. Se le riconosciamo come parti di noi, sane, si ridimensionano da sole.

Durante la pandemia molti hanno riscoperto i momenti da soli nella natura. Sono utili anche in questo caso?

La pandemia ha portato con sé anche degli insegnamenti e permesso di sviluppare strategie da usare nei momenti di crisi. Ognuno dovrebbe fermarsi e capire che cosa ci hanno lasciato questi due anni così intensi. Uno di questi aspetti è il tempo con se stessi nella natura, che permette di entrare in contatto con le nostre parti interiori, di ascoltarci, evitando di lasciarci distrarre da altri input. Quindi in questi momenti sarebbe meglio spegnere il telefonino.

KeystoneA Lugano in molti hanno raccolto beni di prima necessità per i profughi ucraini

Stiamo notando, come durante la pandemia, un moto di aiuto verso chi è in difficoltà. Raccolte di cibo e vestiti, donazioni, persone che si mettono a disposizione per accogliere i rifugiati.

Queste dinamiche di gruppo avvengono di fronte alle allerte, alle emergenze. Poiché noi esseri umani facciamo fronte comune verso quello che identifichiamo come nemico esterno, questo muove all’interno della comunità una grande solidarietà, una dinamica molto unita, analogamente a quanto accaduto con il Covid.

È pure un’occasione per capire ancora meglio come funzioniamo, per leggerci, anche a livello di società.

Nonostante la crisi sanitaria abbia insegnato molto, la guerra in Ucraina arriva dopo due anni già pesanti. Questo cosa comporta?

Credo che si depositi su un periodo che per tanti è stato di forte stress e di tensione prolungata. Quindi un pensiero va in particolare a tutti coloro che scoprono o hanno delle fragilità in più, che escono dai due anni di pandemia più vulnerabili. Questo ennesimo sforzo psichico, di resistenza, di gestione anche di sé, richiede molta più fatica a queste persone. Quando non si riesce a fare da soli quello di cui abbiamo parlato prima è importante riferirsi ai professionisti, chiedere aiuto, aprire dei varchi di parola.

‘Stiamo voltando una pagina molto velocemente. Questo sarebbe dovuto essere il momento della riflessione post pandemia’

Per chi invece ha più risorse?

A queste persone consiglio di far tesoro di ciò che hanno imparato durante la pandemia per affrontare la situazione attuale.

Di certo non aiuta nessuno il fatto che stiamo voltando una pagina molto velocemente. Questo sarebbe dovuto essere il momento della riflessione post pandemia. Gli avvenimenti non ci lasciano questo tempo: dobbiamo prendercelo. Ritagliarsi questo spazio richiede sforzo, perché lo stimolo esterno è prepotente e continuo.

Questo, dunque, senza tagliarsi completamente fuori dalla situazione.

Bisogna modulare, trovare una strategia, una via di mezzo che vada bene per se stessi. È necessario diventare abili a non mettersi semplicemente di fronte a uno stimolo, ma a riceverlo in maniera ragionata, consapevole. È utile vedere cosa sto assorbendo, valutare se l’intensità emotiva è troppa per me e se è necessario limitare e filtrare.