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Lara sul tetto del mondo, Noè da pazzi

Dagli acuti della ticinese sulle nevi iridate al bronzo olimpico del gambarognese: un anno di emozioni per lo sport svizzero e rossoblù

Dodici mesi di di emozioni, in positivo (tante), ma anche in negativo (Keystone)

Dagli acuti della ticinese sulle nevi iridate al bronzo olimpico del gambarognese: un anno di emozioni per lo sport svizzero e rossoblù

29 dicembre 2021
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Tante ne ha viste e passate, che a Cortina si è rifatta con gli interessi. Sono stati i Mondiali di Lara Gut-Behrami, definizione migliore non c’è per ricordare la rassegna iridata sulle nevi dolomitiche dominate dalla campionessa ticinese, tornata a casa con due ori e un bronzo. Un bottino pingue che le è valso il titolo di regina assoluta dell’evento che ha esaltato anche le straordinarie doti di Corinne Suter, campionessa del mondo nella libera. Lara ha dominato il superG e ha ritrovato le migliori sensazioni anche in gigante, la disciplina nella quale in passato aveva perso il contatto con le migliori, pur essendo una grande specialista. Ci è voluto tanto lavoro, ma alla fine i valori assoluti della ticinese sono riemersi in maniera dirompente.

Ponti, bronzo da non credere

Noè Ponti e Jérémy Desplanches hanno scritto una pagina memorabile di sport all’interno dell’Aquatics Center di Tokyo, teatro delle loro mirabolanti imprese che hanno aperto un nuovo capitolo del nuoto svizzero che in 125 anni di Giochi estivi aveva dato alla Svizzera una sola medaglia. 37 anni dopo il guizzo un po’ estemporaneo di Etienne Dagon, il gambarognese ha fatto innamorare il Ticino con quello strepitoso 100 farfalla che gli ha permesso di mettere al collo la medaglia di bronzo, battuto solo da due mostri sacri, Caeleb Dressel (autore del record del mondo) e Kristof Milak. Bronzo anche per il ginevrino, nei 200 misti.

Déjà vu in chiave iridata

Un “déjà-vu”: è quanto vissuto dalla Nazionale svizzera di hockey che per la seconda volta di fila è uscita di scena a causa di una rete subita sui titoli di coda del quarto di finale che ha rappresentato l’ostacolo contro il quale la selezione di Patrick Fischer è andata a cozzare. Nel 2019 contro il Canada la rete del beffardo pareggio cadde a 4 decimi dalla sirena. Quest’anno contro la Germania sono mancati 44 secondi a una vittoria quasi in tasca ma sfumata poi ai rigori. La Svizzera era avanti 2-0 ma dopo la reazione dei tedeschi con l’1-2 si era dimostrata troppo passiva, «proprio ciò che mi ha fatto arrabbiare», ricordava coach Fischer, rammaricato per aver visto sprecato malamente quanto di buono era stato fatto nella fase preliminare.

Guglielmo Tell è donna

Da molti anni nell’élite mondiale del tiro, numero uno al mondo nella sua disciplina prediletta, il tiro con la carabina 50 metri, Nina Christen è balzata agli onori della cronaca sportiva nel breve volgere di pochi giorni. Dapprima ha vinto il bronzo nella carabina 10 metri, un risultato già di assoluto prestigio che la 27enne nidvaldese ha impreziosito regalandosi l’oro nella carabina 50 metri. Facendo prova di un sangue freddo invidiabile, ha conquistato entrambe le medaglie in rimonta, con colpi precisi piazzati al momento opportuno. Un crescendo non per deboli di cuore, con gran finale.

Mountain bike delle meraviglie

Prima Jolanda Neff, seconda Sina Frei, terza Linda Indergand: una tripletta inimmaginabile per le rossocrociate della mountain bike che ha rappresentato, per la Svizzera, il punto più alto dei Giochi olimpici di Tokyo. Nel giorno della controprestazione delle favorite francesi, le elvetiche si sono superate. Lo spirito di squadra plasmato dal coach Edi Telser con maniacale dedizione lungo molti mesi si è rivelato pagante.

Federer, 39 anni e sentirli

Il 7 luglio 2021 potrebbe passare alla storia del tennis come il giorno della fine della straordinaria storia d’amore tra Wimbledon e Roger Federer. Una volta di più i 15’000 spettatori del Centre Court le hanno davvero provate tutte per sostenere e spingere il loro beniamino verso l’ennesimo trionfo, sfoderando pure una commovente “ola” e alzandosi in piedi per una toccante “standing ovation”. Tentativi vani, giacché alle 18.12 di quell’infausto mercoledì londinese il basilese ha stretto la mano da sconfitto (nei quarti) all’allora 18esimo giocatore al mondo, il polacco Hubert Hurkacz, con un mortificante 6-0 incassato nell’ultimo parziale. Difficile ricordare un altro momento altrettanto triste nella carriera di Roger Federer, 40 anni di lì a un mese, con tutta la pesantezza che deriva da un’età fattasi fardello. Il quale Roger, tuttavia, non ha ancora gettato la spugna. Un’ulteriore apparizione a Church Road non è da escludere, anche se ormai il sogno di un nono titolo è stato riposto nel cassetto, nel quale è destinato a restare.

La partita del secolo

Ci sono momenti che segnano un’epoca, ci sono azioni che fermano il tempo. Quando Yann Sommer lunedì 28 giugno alle 23.44 ha intercettato a Bucarest il rigore calciato da Kylian Mbappé la Svizzera del calcio ha posto fine a un’attesa di qualcosa di veramente speciale durata più di 50 anni. Per la prima volta dal 1954 la Nazionale rossocrociata raggiunge i quarti di finale di uno dei tornei per nazioni più importanti, il Mondiale e gli Europei. Una vera impresa, confezionata contro i campioni del mondo in carica della Francia, eliminati agli ottavi di finale al termine di una rimonta – e di una prestazione – epica, dall’1-3 che pareva una sentenza al 3-3 che ha costretto le contendenti ai supplementari e all’appendice dei rigori. Decisa, appunto, dal paratone di Sommer che ha fatto il giro del mondo. Per la bellezza del gesto e per il suo peso specifico. In quel giorno la Svizzera del calcio è entrata in una nuova dimensione. Grazie alla partita del secolo.

Il coronamento di un sogno

Un sogno che si avvera: il sogno olimpico di Belinda Bencic, medaglia d’oro nel torneo di singolare ai Giochi di Tokyo. Già prima di partire la sangallese aveva buone sensazioni e le cosiddette farfalle nello stomaco: «A prescindere da come andrà, è un’esperienza che potrò raccontare ai miei nipoti», si sbilanciò, come se sentisse che si stava apprestando e realizzare qualcosa di davvero speciale. Già prima di scambiare qualche pallina in Giappone, per Belinda le Olimpiadi erano l’appuntamento principale dell’anno.

«Taluni ritengono che il caos che regna nel Villaggio olimpico tolga energia agli atleti, per me vale l’esatto contrario», spiegò poi. Cotanta energia e passione hanno accompagnato la cavalcata trionfale dell’elvetica, impegnata in nove partite, tra singolare e doppio, disputate in condizioni di umidità e calura non certo ideali. Oro in singolare e argento in doppio, in coppia con Viktorjia Golubic. Sportiva svizzera dell’anno, a giusto titolo.