L'editoriale

Vincono la politica e senso dello Stato

6 giugno 2016
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Un voto popolare importante e per certi aspetti imprevedibile. Non tanto per il risultato in sé, quanto piuttosto per il clima degli ultimi mesi, anzi anni, che induceva a credere altro. C’era il forte sospetto, detta fuori dai denti, che i ticinesi non credessero più alla politica e, di conseguenza, al servizio pubblico. E invece non è così. Ce lo dice la solida maggioranza di no (54,6%) espressa contro la riforma della legge che regola l’Ente ospedaliero cantonale, vale a dire contro una privatizzazione strisciante – si voleva iniziare con la costituzione di società anonime – di alcune prestazioni pubbliche essenziali, approfittando del fatto che oggi le cliniche private (se riconosciute) sono comunque finanziate dallo Stato. Il che non vuol dire obbligatoriamente indebolire l’ospedalizzazione pubblica come si voleva fare con una revisione legislativa almeno poco trasparente, se non proprio completamente sbagliata. La difesa del servizio pubblico, ancora una volta, è stata massiccia nel Sopraceneri (vedi Bellinzona e Locarno), raccogliendo tuttavia ampi consensi anche nel Luganese e nel Mendrisiotto. Un voto importante, si diceva, se considerato anche quello espresso sull’iniziativa ‘Giù le mani dagli ospedali’ promossa dall’MpS; iniziativa bocciata dal popolo (51,3% i no) forse perché considerata eccessivamente ‘conservativa’ e questo la dice lunga sulla maturità dei no espressi invece per la riforma Eoc: non si sono difesi gli ospedali cantonali solo per un principio ideologico, ma perché consapevoli che c’erano di mezzo il futuro e l’ottima qualità praticata nelle strutture pubbliche. Un voto imprevedibile, si diceva, perché il fronte dell’opposizione alle privatizzazioni con gli anni s’è parecchio assottigliato. Prova ne sia che contro la riforma dell’Eoc s’erano schierati solo Ps, MpS e i sindacati di sinistra, oltre – va detto – alcuni esponenti politici, a titolo personale, degli altri fronti. La popolazione è decisamente più vicina ai servizi dello Stato che non la maggioranza del Gran Consiglio e del Consiglio di Stato. Una lezione, soprattutto per il direttore del Dss, che non può essere ignorata. Ancora un piccolo appunto. Ieri non ha perso l’Ente ospedaliero – come s’è udito da qualcuno – ma la politica che lo vuole smantellare. Sorprendente anche l’esito della votazione sulla ‘tassa di collegamento’ portata in referendum dalle forze economiche. La maggioranza dei ticinesi (50,7%) ha detto sì a un presunto balzello perché ritenuto strumento adeguato per combattere il traffico veicolare. Detta altrimenti, un bene superiore – proprio dell’intera collettività – prevale sugli interessi personali (o corporativi) come dovrebbe sempre essere in ogni società che si dice liberale. Poi si può discutere se il santo vale la candela, ma il principio non cambia. Vince il direttore del Dipartimento del territorio, ma vince soprattutto il senso civico di chi considera il proprio impegno finanziario (piccolo o grande, poco importa) come contributo essenziale alla crescita equilibrata e vivibile della comunità d’appartenenza. Perché questo vuol dire pagare le tasse o le imposte, e non altro. Senza paletti ideologici, senza pregiudizi, senza forzature; si discuta sul quantum, ma non sul principio. Altrimenti è il caos. La maggioranza dei cittadini l’ha capito. Ultima considerazione per l’iniziativa Vpod sulla scuola media: la bocciatura era scontata (per diversi motivi che esulano dal tema in oggetto), tanto valeva ritirarla. Non vorremmo che quel no (58%) venisse ora ‘usato’ da chi sulla scuola ha qualche conto da regolare…

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