Commento

Un privilegio che è quasi un obbligo

7 ottobre 2017
|

Il retaggio non è indifferente: la Svizzera ha preso parte a sei degli ultimi sette tornei, siano essi i Mondiali o gli Europei, a partire dalla rassegna continentale del 2004 in Portogallo che segnò il ritorno sulla grande scena di una selezione che l’aveva abbandonata a Euro ’96. Includendo anche la Coppa del mondo con Hodgson nel 1994, vero punto di riferimento per il corso attuale dei rossocrociati, fanno otto partecipazioni nelle ultime dodici grandi competizioni. Non è che esserci sia diventato un obbligo, bisogna pur sempre sudarselo, il posto. Tuttavia a giudicare dalla piega presa dagli eventi, è diventato un privilegio al quale ora diventa difficile rinunciare. Proprio sulla scorta di una crescita un po’ a tutti i livelli, in primis nella consapevolezza di essere degni del palcoscenico più nobile, quello della recita delle nazioni più forti, unite a quelle che, pur alternandosi un po’, riescono a guadagnarsi una porzione di ribalta.

Questo passo in direzione della presa di coscienza di una forza che trova riscontro con una certa regolarità nei risultati, la Svizzera lo ha fatto. Aiutata da sorteggi favorevoli, è indubbio, così come dai progressi registrati campagna dopo campagna. Con il culmine – quantomeno statistico – raggiunto nell’attuale corsa ai Mondiali di Russia (otto vittorie su otto partite), affrontata con il piede ben saldo sull’acceleratore, sin dal primo chilometro, quello sulla carta più complicato, perché si trattò di misurarsi con il Portogallo campione d’Europa in carica da due mesi. Ci pensò anche l’Ungheria a Budapest a rendere palpitante una serata che ha ribadito quanto pronta fosse la selezione di Petkovic, ancorché non sempre convincente.

Pronta, reattiva, anche cinica quanto basta, lungo un percorso che ora pone gli elvetici di fronte alle insidie delle due ultime tappe. Se prima il sentiero era pianeggiante, ora si sale. E che salita. L’Ungheria preoccupa meno del Portogallo, ma solo tecnicamente. Se è vero come è vero che prima di andare a Lisbona bisogna concentrarsi su Basilea, è anche innegabile che la partita odierna sia legata a doppio filo con la “finale” di martedì. Anche perché in Portogallo l’impresa della qualificazione diretta può riuscire anche in caso di sconfitta contro i magiari. Insomma, il St. Jakob-Park è l’ultima stazione intermedia lungo un tragitto di cui si vede lo striscione del traguardo volgendo lo sguardo a ovest. Occhio però a non sottovalutarne la portata. Sarebbe peccato rinunciare al privilegio di esserci. Ci sarebbe ancora lo spareggio, si dirà, ma cela troppe insidie per poterci davvero contare.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔