Commento

Un dono che non va forzato

20 giugno 2017
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Perché espiantare un rene ad una ultraottantenne, senza dire nulla ai familiari presenti, che lo scoprono (per caso) solo grazie all’autopsia?

La storia che raccontiamo a pagina 2, è un vero giallo, che speriamo trovi presto delle risposte per la delicatezza dell’ambito, quello della donazione di organi. Un atto di solidarietà che salva diverse vite, ma esige un sistema trasparente nel quale la gente possa avere fiducia.

I fatti risalgono a marzo di quest’anno: la vittima è una signora di Bellinzona che si chiama Giuseppina. Era col figlio in ferie in Spagna, dove è deceduta improvvisamente in un ospedale statale, dopo che i medici avevano detto che stava bene. Una volta rimpatriata la salma in Ticino, i familiari hanno chiesto un’autopsia per capire la causa del decesso. E qui c’è stata la sorpresa. L’esame ha rivelato che alla signora era stato espiantato il rene sinistro (il migliore tra i due!). Prima del viaggio la donna aveva entrambi i reni. In Spagna nessuno ha mai chiesto nulla e nessuno ha mai dato il consenso all’espianto. Per i familiari è iniziato un percorso ad ostacoli per capire che cosa sia successo. Sul caso sta indagando uno studio legale spagnolo di fiducia dell’ambasciata elvetica a Madrid. Tanti gli interrogativi: perché i medici non hanno informato dell’espianto il figlio che era presente in ospedale? Perché sul certificato di morte di Giuseppina non è menzionato l’espianto? A chi può servire il rene di una ultraottantenne?

In questa storia ci sono zone d’ombra, ma anche una certezza, che abbiamo documentato con la famiglia: la signora Giuseppina è partita da Bellinzona per la Spagna con due reni ed è rientrata in una bara e con un rene solo. Sui motivi possiamo solo avanzare ipotesi: gravi lacune nell’informazione, lo spettro di un traffico d’organi, la gara tra ospedali per avere statistiche migliori in materia di espianti… le indagini in corso daranno (lo speriamo) delle risposte.

Un caso interessante anche politicamente, perché la Svizzera vorrebbe seguire il modello spagnolo, anche se ci sono contrari come Swisstransplant (il Servizio nazionale d’assegnazione degli organi in Svizzera che gestisce anche la lista d’attesa dei pazienti riceventi). Da anni, la Spagna è al primo posto mondiale per quanto concerne la donazione e il trapianto di organi grazie ad una efficiente organizzazione negli ospedali e il sistema del consenso presunto. In teoria, la legge spagnola dice che ogni cittadino è donatore se non ha espresso opinione contraria. In pratica, però, si consulta sempre la famiglia della persona deceduta. (Anche se in questo caso non sembra proprio accaduto)! Diverso approccio in Svizzera (dove 1’480 persone aspettano un organo) dove c’è il consenso esplicito: la volontà di donare deve figurare in un documento. Di conseguenza gli organi disponibili sono meno numerosi. Da noi, ogni anno circa 100 pazienti muoiono in lista d’attesa.

Dietro a questi numeri c’è tanta sofferenza, tanti buoni motivi per decidere di salvare altre vite dopo la propria morte. Ma deve poter restare una scelta personale, non forzata, e attuata nella massima trasparenza.

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