L'analisi

Sull’orlo della catastrofe

4 settembre 2017
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“Siamo sull’orlo di un conflitto (nucleare) su vasta scala”. Vladimir Putin, nella lettera pubblicata ieri all’apertura del vertice dei Brics, ci va dritto: la bomba H fatta esplodere ieri dal dittatore nordcoreano, la più potente di sempre, potrebbe costituire il punto di non ritorno.

L’incubo è condiviso dall’altro grande protagonista del summit, la Cina, con la quale Mosca vuole avviare un tentativo di mediazione: Pechino ha mandato i suoi caccia a sorvolare il confine. Donald Trump, dopo le esternazioni su una risposta devastante che avrebbe annichilito la Corea del Nord (l’ormai celebre “fuoco e furia”), sembra aver smorzato i toni. Ma la mossa del ‘Rispettato Maresciallo’ apre tutti gli scenari possibili, compreso quello apocalittico, in un “film” con regista e protagonista Kim Jong Un, che veste l’unico abito a sua misura, quello del Dottor Stranamore, padre padrone del più grande Lager del mondo.

La sua partita di poker atomica può sfociare – concordano gli esperti – in un attacco a breve/medio termine: la tecnologia bellica nordcoreana è molto avanzata, un missile balistico ha recentemente sorvolato il Giappone (‘Tokyo rischia la distruzione perché alleata degli Usa’ ha ammonito l’agenzia di stampa di Pyongyang) mentre la quantità di materiale nucleare fissile consentirebbe allo stato attuale la costruzione di una quindicina di bombe.

In un saggio pubblicato in piena guerra fredda, Michel Serres, uno dei maggiori filosofi viventi, aveva ipotizzato l’avvento di uno scenario ‘tanatocratico’, in cui il potere sarebbe stato in mano a ‘pericolosi folli’ potenzialmente capaci di ‘sradicare la vita sulla terra’. La personalità del presidente americano desta pure legittime inquietudini (anche di ordine psichiatrico stando a non pochi esperti) sebbene i meccanismi istituzionali della superpotenza gli impediscano di poter sfogare liberamente i suoi impulsi. La sua sconsideratezza la si può leggere in un suo ennesimo colpo di testa: Trump ha fatto capire ieri di voler ritirare gli Usa dal trattato di libero scambio… con i suoi alleati sudcoreani. La gestione della crisi vede in particolare sul proscenio il capo del Pentagono James Mattis, che in un colloquio con il suo omologo sudcoreano avrebbe discusso la possibilità di fornire a Seul bombe nucleari tattiche (a corto raggio), segno dell’avvio dell’escalation atomica.

La guerra del 1950 (quando la Corea del Nord alleata dei sovietici invase il Sud) non è formalmente mai finita e la diplomazia è ferma da ormai 10 anni. Lo stillicidio di lanci di missili e test atomici decisi dal dittatore ha riacceso la miccia ponendo Washington e i suoi alleati (Giappone, Corea del Sud) nell’impasse. Qualsiasi azione militare americana rischia di scatenare devastanti rappresaglie (in primis su Seul). Qualsiasi passo diplomatico è destinato comunque a lasciare inalterata l’ostinazione del maresciallo Kim ad aumentare il proprio arsenale, per lui una sorta di polizza sulla vita.

L’America è oggi indebolita dal crollo della sua leadership politica e morale (è recentissima l’ufficializzazione all’Onu del ritiro statunitense dal trattato sul clima). Lo spettro nucleare potrebbe riaprirsi anche con un Iran punito dalla parziale impulsiva retromarcia di Trump sulla storica intesa siglata da Obama. Gli scenari sono alquanto cupi e, di fronte al pericolo di nuove Hiroshima, al momento la comunità internazionale appare chiaramente impotente.

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