L'editoriale

Sorvegliato speciale

29 febbraio 2016
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Nessuna sorpresa, nessun ribaltamento. I sondaggi delle ultime settimane sui due temi forti dell’appuntamento elettorale ci avevano azzeccato: passa il risanamento del tunnel autostradale del San Gottardo; cade l’iniziativa Udc per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati; alle stelle la partecipazione (66%). Il progetto di un tunnel-bis è così stato benedetto da ben il 57% degli svizzeri (unici in controtendenza Ginevra e Vaud), senza alcun tentennamento da parte dei due Cantoni più interessati dal nuovo traforo, Uri e Ticino, decisamente favorevoli: 53% il primo, 57,8% il secondo. Solo semaforo rosso al Sud delle Alpi quello acceso in 13 dei 15 comuni momò. Un pollice verso prevedibile dopo che i sindaci dei due poli urbani, Carlo Croci e Moreno Colombo, si erano schierati per il no. Segno che il Mendrisiotto, già paralizzato dalle colonne e messo in croce dalle polveri fini, non vuole sacrificarsi per altro traffico e altro inquinamento. Un altolà momò di cui si dovrà tener conto. Guardando al futuro – che comunque nessuno oggi è in grado di garantire, perché fra 20 anni altri amministreranno la cosa pubblica – sarà importante che il risanamento non si trasformi in raddoppio effettivo. È quindi vitale che la risposta immediata a favore della sicurezza non diventi il cavallo di Troia per aprire le quattro piste. In questo senso speriamo che ai promotori dell’Iniziativa delle Alpi, ieri confrontati con la loro prima sconfitta dopo due storiche vittorie, venga qualche idea per blindare oltre il contingente di transito sotto le Alpi (quei 650mila camion all’anno), affinché non diventi oggetto di scambio sul tavolo europeo in barba alle odierne garanzie. Già da subito il flusso delle merci va comunque deviato ancora di più dalla gomma alla ferrovia, anche perché fra poco AlpTransit sarà finalmente realtà e va sfruttata a dovere. Detto altrimenti: il trasferimento va attuato con decisione, ed è e deve rimanere non negoziabile! Quanto al tema dell’espulsione degli stranieri, la netta accettazione in controtendenza, registrata nel nostro Cantone (59,4%), è dovuta a due fattori. Uno, la nostra natura di cantone di frontiera, con una struttura economica debole, invaso da mano d’opera estera che fa concorrenza a quella indigena, e pure cantone confrontato con possibili ulteriori flussi migratori da Sud. Da qui il riflesso accresciuto di paura e chiusura. Due, altro fattore, radicato su questo humus di timori, il mancato decollo di dibattito chiarificatore fra i due opposti fronti che, contrariamente al resto del Paese, qui non è avvenuto, lasciando tendenzialmente i cittadini ticinesi decidere in solitaria. Il dibattito qui da noi si è infatti concentrato sul raddoppio, non sugli stranieri. Esattamente l’opposto di quanto avvenuto Oltralpe, dove – puntando maggiormente l’attenzione sull’iniziativa Udc – si è anche voluto segnare in modo consapevole una svolta rispetto al voto ‘paralizzante’ del 9 di febbraio 2014 contro l’immigrazione. Da qui a dire, come ha sostenuto il presidente Darbellay, che siamo di fronte a una svolta anti-Udc (‘alla fine di un’era’) ce ne corre in ogni caso ancora un bel po’. Infine, via libera cantonale abbastanza scontato all’apertura sugli orari dei negozi (59,2%). Un’apertura che consentirà finalmente – ma solo dopo l’adozione di un contratto collettivo di obbligatorietà generale per il settore – a un ramo dell’economia locale delicato e troppo esposto alla concorrenza dell’offerta di confine, di respirare una boccata d’ossigeno, permettendo altresì a chi ha abitudini diverse di fare la spesa con maggior agio. Ora la palla è nel campo delle parti: sindacati e Federcommercio, con quest’ultima uscita certamente rafforzata dalle urne.

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