L'editoriale

Prosit AlpTransit!

1 giugno 2016
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Bella questa Svizzera! E bella quest’opera così concreta (anche se è un ‘cuore battente ancora privo di aorta’, come ha detto Angela Merkel) in mezzo ad un’Europa in affanno. Un’Europa che attende persino di sapere se l’Inghilterra (co-genitrice di un altro tunnel, quello sotto la Manica) resterà nella squadra o sbatterà la porta. Ma, guardando i festeggiamenti per Alp-Transit (molto svizzeri, fra acrobati-minatori, caproni indiavolati e tante comparse popolari), con i grandi di mezz’Europa sul primo treno (e un Renzi troppo frettoloso!), mi sono tornate in mente le immagini di quando – ero ragazzino – venne tagliato il nastro del traforo autostradale. Ricordi di discorsi di politici (allora dal sapore più patriottico), volti di invitati esteri, carovane di bus e utilitarie pronte a varcare la galleria. Allora, come ieri, vennero pronunciate parole di lode per quello sforzo immane, costato anche in quel caso la vita ad alcuni minatori, per collegare il Sud della Svizzera al resto del Paese. Il progresso ci permise finalmente di non dover più attendere, durante l’inverno, ore e ore per caricare l’auto sul treno navetta e non essere più obbligati d’estate a salire la Leventina incolonnati, a passo d’uomo. La nuova via liberò la cantonale dall’incessante traffico di turisti di passaggio, talmente denso che in alcuni nostri paesi aveva reso inutilizzabili i passaggi pedonali. Galleria e autostrada decretarono in poco tempo – ecco uno dei rovesci della medaglia – la chiusura di motel, benzinai e piccoli commerci che lungo le cantonali fiorivano grazie ai turisti di passaggio.
Raccontare oggi di questi cambiamenti ai nostri figli, dire loro che in quel punto del Ceneri o dopo Osogna ci si tuffava in autostrada, è come parlare loro del mesozoico. Ma era solo ieri! Oggi si festeggia un tunnel da record del mondo con i treni sfreccianti a poco meno di 200 km/h. Oggi è un altro mondo. La nostra è, in ogni caso, la generazione che ha vissuto i cambiamenti, che conobbe il prima e il dopo, e che avrà il privilegio di vivere in parte anche quelli generati da AlpTransit. E, magari, anche quelli non solo virtuosi del prossimo raddoppio della galleria autostradale del Gottardo. Da subito, mentre applaudiamo giustamente orgogliosi, è quindi bene dircelo: anche il Ticino, ancora una volta, non sarà più lo stesso. Le vie di transito stravolgono/ridisegnano da sempre il territorio. AlpTransit farà esplodere le nostre contraddizioni, in bilico fra apertura e chiusura. Avvicinerà tra qualche anno le distanze all’interno del cantone e accorcerà ancor più le distanze col resto del Paese (Zurigo in primis) e la Lombardia. Quale sarà allora la contraddizione? Che ci sarà chi sarà in grado di cogliere quelle opportunità, grazie a una formazione (linguistica e tecnica) di livello, e ci sarà chi – com’è avvenuto sempre più in questi anni – si abbandonerà alle lamentazioni, perché ‘si stava meglio quando si stava peggio’. Come quando si avevano le colonne sulla cantonale, ma anche le pompe di benzina e i motel che tiravano. Lo sappiamo bene: le opportunità non sono mai a senso unico. Se non saremo (anche) noi capaci a saperle cogliere, sarà chi sta peggio di noi a rispondere presente. Prepariamo quindi i nostri figli a un domani, sempre più presente, con una concorrenza ancor più agguerrita. Prepariamoli ad affrontarlo proprio come lo si è fatto con AlpTransit: con l’apertura intelligente per vincere le nuove scommesse, non erigendo vecchie frontiere o muri fisici e nella propria testa. Con lo spirito dei pionieri che brindano alla nuova avventura e all’avvenire. Uno spirito forte che a Pollegio c’era. Sta quindi a noi, solo a noi, decidere di salire per davvero, con le carte in regola, sul convoglio che passa, evitando così di ritrovarci ai margini dei nuovi binari. Prosit AlpTransit!

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