L'analisi

Ottocento anni dopo la visita di Francesco d’Assisi al sultano

29 aprile 2017
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Otto secoli dopo Francesco d’Assisi, un papa che porta il suo nome, scende al Cairo. Allora, si era nel pieno della quinta crociata, quel frate incontrò il sultano Malik al-Kamil per tentare un dialogo che fermasse quella guerra. Oggi la parola “crociati” è ancora scagliata contro gli “occidentali” dagli ideologi del jihadismo globale e da autocrati come Recep Tayyip Erdogan (che due settimane fa esaltò la sconfitta inferta ai “crociati” dagli elettori turchi).

Ma il sentimento di essere in guerra con il mondo islamico (pur spacciata per “difensiva”) è talmente diffuso anche nelle nostre società e nelle parole dei politici che la visita di Bergoglio sembra avvenire in circostanze non così diverse.
La novità, e che novità, è che questa volta si tratta di un papa. E inevitabilmente la portata della visita trascende l’ambito religioso, per assumere – soprattutto nelle terre islamiche in seguito al fallimento storico dei tentativi di laicizzazione dello Stato – complessi e contraddittori significati politici.

Bergoglio si è presentato al Cairo come capo della cristianità cattolica, ma viene accolto (o respinto, più o meno nella stessa misura) come illustre rappresentante del cosiddetto “Occidente” nel suo insieme; nella stessa misura in cui vasta parte dell’opinione occidentale non fa distinzione tra fedeli islamici, islamisti, imam e governi di quelle terre.
Non molto tempo fa, As’ad AbuKhalil – accademico della California State University, non un invasato imam o un arruolatore di foreign fighters – scriveva per al Jazeera che “forse gli islamisti esagerano il ruolo della religione quale impulso per le Crociate […] ma è indiscutibile che il linguaggio della conquista occidentale non si è evoluto. I bombardamenti occidentali e l’occupazione di terre arabe e musulmane rimangono aderenti alla retorica bigotta dei crociati; e la sovranità degli arabi nelle loro terre significa ancora ben poco per i governi occidentali”. Se siamo ancora qui, è perché la realtà pone più questioni di quante risposte diano gli imprenditori dell’intolleranza autistica (il momento è il loro) o i dialoganti a buon mercato.

A titolo di paragone con la visita di Bergoglio, per la statura del personaggio e per il sovraccarico di significati attribuiti all’iniziativa, viene alla mente il discorso tenuto da Barack Obama all’Università del Cairo nel 2009: allora, il successore del presidente che aveva evocato proprio una crociata in reazione all’attacco di al Qaida dell’11 settembre, si rivolse al mondo islamico proponendo un “nuovo inizio”; oggi Bergoglio arriva nella terra in cui dei cristiani copti si fa strage riproponendo un dialogo tra religioni, che è un dialogo di civiltà.

Le aspettative riposte nella sua iniziativa sono forse esagerate come avvenne per quella di Obama. Del resto, anche nel 1219, Francesco e il Sultano si lasciarono da amici, e le guerre religiose poterono continuare…

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