Estero

Nuovo stop per il 'travel ban' di Trump

18 ottobre 2017
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Nuovo stop giudiziario anche alla terza ed ultima versione del ’travel ban’ varato dal presidente Usa Donald Trump in nome di un’"America più sicura’.

Questa volta è stato un giudice federale delle Hawaii a bloccare temporaneamente gran parte del provvedimento, che sarebbe dovuto entrare in vigore alla mezzanotte ora di Washington (le 6 in Svizzera).

Una battuta d’arresto che ripropone l’interrogativo di fondo se il presidente abbia o meno l’autorità per intervenire in materia. Domanda alla quale con ogni probabilità risponderà la Corte suprema, dove finirà anche questo ennesimo scontro legale. Per la Casa Bianca la decisione è "pericolosamente errata". In ogni caso si tratta di una nuova, imbarazzante debacle per l’amministrazione Trump.

Il giudice, Derrick K. Watson, ha congelato il bando per sei degli otto Paesi indicati: Siria, Libia, Iran, Yemen, Ciad e Somalia, tutti a maggioranza musulmana. Restano intatte invece le limitazioni per la Corea del nord e il Venezuela, che peraltro non erano state impugnate.

Il bando, si legge nelle 40 pagine di motivazione del giudice, "soffre precisamente delle stesse malattie di quello precedente: manca di prove sufficienti del fatto che l’ingresso di oltre 150 milioni di cittadini da sei Paesi specifici sarebbe dannoso agli interessi degli Usa". Non solo. L’ordine esecutivo di Trump "discrimina chiaramente sulla base della nazionalità" in un modo che contrasta con la legge federale e con i principi fondanti di questa nazione". Insomma, una decisione non documentata e razzista.

Autore del ricorso, come nei casi precedenti, lo Stato delle Hawaii, insieme all’International Refugee assistance project ed altri enti. Trump, questa la motivazione dell’impugnazione, è andato oltre i suoi poteri nel definire la politica sull’immigrazione, e la sua ultima misura, come le due precedenti, attua l’incostituzionale promessa elettorale di un bando contro i musulmani. Il provvedimento, secondo le Hawaii, "eccede i limiti sull’autorità esclusiva del presidente che sono stati riconosciuti per quasi un secolo, soppiantando le politiche sull’immigrazione del Congresso con un bando unilaterale e illimitato del presidente". E, sostengono i ricorrenti, "continua a realizzare la promessa non rinnegata di escludere i musulmani dagli Stati Uniti".

Molti esperti ritenevano che l’ultima versione del bando fosse meno vulnerabile anche per l’aggiunta di due Paesi non musulmani. Ma nel ricorso si sostiene che si tratta di una mossa prevalentemente simbolica perché i nordcoreani che viaggiano negli Usa sono davvero pochi, mentre le restrizioni per il Venezuela riguardano solo alcuni dirigenti governativi e le loro famiglie.

Nel frattempo la Casa Bianca ha fatto sapere in una nota che: "Il dipartimento della giustizia difenderà vigorosamente l’azione legale del presidente". "Siamo fiduciosi che il sistema giudiziario alla fine confermerà l’azione legale e necessaria e ripristinerà rapidamente le sue vitali protezioni per la sicurezza del popolo americano", prosegue la nota.

La decisione del giudice delle Hawaii sul ’travel ban’ è "pericolosamente errata", dice la Casa Bianca. La decisione pericolosamente errata di una corte distrettuale mina gli sforzi del presidente di mantenere sicuro il popolo americano e di far rispettare gli standard di sicurezza minimi per l’ingresso negli Usa", si legge ancora nella nota. Le restrizioni applicate ai vari Paesi, prosegue, "si basano sulla loro incapacità o non volontà di condividere informazioni importanti necessarie per una valutazione sicura delle richieste, come pure la valutazione della minaccia legata al terrorismo, all’instabilità e ad altre gravi preoccupazioni connesse alla sicurezza della nostra nazione".

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