Spettacoli

Musica oltre le orecchie – Incontro con il pianista sordo Davide Santacolomba

5 dicembre 2017
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È innamorato della musica, Davide Santacolomba, ed è difficile non farsi trascinare da questa sua passione, quando parla dei suoi compositori preferiti – «adoro la sincerità di Beethoven e di Brahms, e il genio di Chopin… è difficile scegliere, sono tutti grandi» – o quando racconta del brano che ha portato all’esame di musica da camera al conservatorio, quel secondo trio op. 67 di Šostakovic «che è fantastico: inizia con questa melodia di origine ebraica, che torna poi nel quarto movimento, una danza macabra, tutto molto irrequieto, molto dolente… se non lo conoscete, ascoltatelo, davvero!».

Un pianista innamorato della musica: tutto normale, si direbbe, non fosse che Davide Santacolomba, studente di master al conservatorio della Svizzera italiana, è sordo. Perché, «come diceva Mozart, per essere un bravo musicista non servono soltanto le orecchie, ma anche le mani e il cuore», spiega Santacolomba durante un incontro organizzato dall’associazione studentesca ‘Il letterificio’ dell’Università della Svizzera italiana.

E suonò Fra’ Martino…

Ma andiamo con ordine, iniziando con il tipo di sordità che ha Santacolomba, perché «c’è questa etichetta per cui il sordo è quello che non sente nulla». In realtà, prosegue, «ci sono molti tipi di sordità: la mia si chiama “ipoacusia neurosensoriale bilaterale” e significa che con le mie orecchie posso sentire il registro dei suoni gravi mentre non sento i suoni medi e medio-acuti». La stessa sordità di Beethoven, aggiunge sorridendo. «Ma non voglio fare paragoni!». Anche perché, rispetto al compositore tedesco, Santacolomba da alcuni anni ha un impianto cocleare che «mi ha aiutato molto, soprattutto nella comunicazione verbale, meno nella musica perché non è “polifonico”: un rumore di fondo, due persone che parlano, o altri strumenti che suonano, e non capisco più niente».

L’ipoacusia ha iniziato a manifestarsi verso gli otto anni – quando Santacolomba aveva già imparato a parlare, e infatti ha una pronuncia perfetta, con tanto di leggero accento siciliano, contrariamente ad altri sordi che non hanno mai sentito la propria voce – ed è proprio durante i controlli dell’udito che è nata la passione per la musica. «Mia madre non si fidava degli esami condotti in Sicilia, e così mi portò a Milano per ulteriori accertamenti, e fu lì che, ospiti a casa di amici, vidi per la prima volta da vicino un pianoforte». La padrona di casa suonò, nel registro dei suoni gravi, ‘Fra’ Martino campanaro’. «Appena ebbe finito, io lo risuonai così, ‘a orecchio’». Segno di una predisposizione naturale sulla quale, nonostante la sordità, Davide Santacolomba ha deciso di puntare, iniziando a prendere qualche anno dopo lezioni private di pianoforte «da una insegnante a cui devo molto: è stata la prima a credere in me».

Gli anni del conservatorio

Così Davide Santacolomba si iscrive al conservatorio di Palermo «dove mi hanno inserito in una classe con un maestro pazzo». O, per metterla giù un po’ meglio, frenava la passione del giovane pianista: «Mi diceva di lasciare perdere, che non sarei mai riuscito a suonare questo strumento», arrivando persino a non volerlo ammettere all’esame conclusivo del primo anno. Adesso, a distanza di anni, Santacolomba riconosce che non aveva tutti i torti: «Effettivamente è difficile da credere che una persona con problemi uditivi possa suonare: ci sono musicisti ciechi che suonano attraverso una ‘visione immaginaria’ dei tasti, ma di sordi professionisti ammetto di non averne mai incontrati».

Ma alla fine, «con caparbietà e grazie al sostegno dei miei genitori», l’esame del primo anno viene superato. Con chi, però, proseguire gli studi? «Nessun insegnante voleva prendermi: solo una professoressa decise di ascoltarmi… alla fine mi prese, avvisandomi che però da me non si aspettava tanto, ma di più!». Un incontro determinante. «Mi ha dato tantissimo, umanamente e artisticamente mi ha fatto raggiungere alti livelli». È merito suo, in particolare, se Davide Santacolomba non ha abbandonato gli studi: «Dopo il sesto anno, ballate di Chopin, sonate di Beethoven… era un lavoraccio, ebbi un sacco di momenti di sconforto, tanto che per un paio d’anni pensai di abbandonare la musica: iniziai pure a studiare architettura all’università!». Finché non si trattò di comunicare la decisione definitiva alla professoressa: «Scrissi una lettera che feci consegnare a mia madre, perché io non avevo più il coraggio… ma lei neanche aprì la busta: la stracciò e mi disse di tornare subito a fare lezione».

Sempre durante gli studi a Palermo, «avevo conosciuto a una masterclass Anna Kravtchenko, docente qui al conservatorio di Lugano: io mi innamorai del suo modo di lavorare, e lei del mio essere partecipe della musica… per cui decisi di proseguire qui gli studi: ho finito il master in pedagogia, e adesso ne sto frequentando un altro, in performance».

Un pianista poliedrico

Durante l’incontro all’università, Santacolomba ha anche proposto alcuni brani: un notturno di Chopin e una fantasia che dalla ‘kleine Nachtmusik’ di Mozart è passata al jazz… «Mi considero un pianista poliedrico: mi piace fare un po’ di tutto, anche se il mio genere di riferimento rimane comunque la musica classica».

Poliedrico ma affezionato alle composizioni per pianoforte solo, viste le difficoltà a ‘dialogare’ con gli altri interpreti. E infatti, rievocando il già citato esame di musica da camera, Davide Santacolomba ricorda «che è stato terribile: non riuscivo a sentire il violoncello e il violino… anche perché sono stupido: l’ho provato in appena otto giorni, e per fortuna con me c’erano due musicisti stratosferici!». Anche con l’impianto cocleare «riuscivo a seguire veramente poco della musica suonata dagli altri, un 5 per cento… ci siamo dati dei punti di riferimento: suonare molto a tempo, e poi seguivo le arcate del violoncello che stava davanti a me… un lavoro complicato, ma alla fine ho passato l’esame a pieni voti! E ho scoperto che suonare insieme agli altri mi piace tantissimo, spero di riuscire a progredire anche in questo».

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