Curiosità

Muore un uomo, la Rete tifa per il toro

Iván Fandiño, il torero morto
19 giugno 2017
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La notizia della morte del torero spagnolo Iván Fandiño avvenuta sabato pomeriggio ad Aire-Sur-l’Adour, nella Francia meridionale, ha scatenato il mondo dei social network (facebook e twitter su tutti). Inutile aggiungere che i commenti sono quasi tutti ‘pro-toro’ dimenticandosi che a morire, in questo caso, è stato un giovane uomo di 36 anni padre di una bambina. Una morte – per assurda che possa apparire – che chi pratica la tauromachia mette in conto come la mettono in conto anche gli appassionati di sport più o meno estremi. La corrida però non è uno sport. Uccidere un animale dopo averlo maltrattato per parecchi minuti non può essere considerato una pratica sportiva ma una tradizione (che potrebbe tranquillamente sparire senza lasciare vuoti incolmabili tra gli appassionati, secondo il nostro parere) radicata in determinate aree della Spagna e della Francia. Altre forme di tauromachia si praticano anche in alcuni Stati sudamericani.

I due principali quotidiani italiani (Corriere della Sera e laRepubblica) oggi hanno dedicato due ampi approfondimenti sul tema della corrida, proprio partendo dalla notizia della morte del giovane torero (il secondo a perire in questo modo assurdo dall’inizio dell’anno).

Per il filosofo australiano Peter Singer, autore nel 1975 del saggio ‘Liberazione animale’, la corrida non ha senso a prescindere dalla morte del matador. «In generale non hanno mai senso gli spettacoli in cui gli umani tormentano un animale. Indipendentemente da come vadano a finire», ha affermato al Corriere della Sera il filosofo dello ‘specismo’, termine con cui si indica la tendenza dell’uomo a considerare il valore della sua specie ‘superiore’ a quella delle altre. Per Singer questo si basa su un pregiudizio culturale superabile. «È giunto il momento di mettere la parola fine non solo alla corrida ma a ogni tipo di manifestazione culturale che comporti crudeltà di qualsiasi tipo verso gli animali», afferma ancora Singer.

Il quotidiano laRepubblica invece ha deciso di mettere in evidenza la vita di Fandiño e l’esultanza della Rete per la sua morte. Il racconto è stato affidato a Matteo Nucci, autore del romanzo-saggio ‘Il toro non sbaglia mai’ (edizione Ponte alle Grazie, 2011) sul mondo della tauromachia. “Nei tempi più critici per un rito moderno (la corrida formalizzata nella sua maniera in cui la conosciamo risale a metà Settecento) che affonda le sue radici nei tempi più antichi, fra Creta e i riti mitraici, un’altra morte nell’arena, rimette in questione i grandi temi circa l’esistenza stessa di uno spettacolo tragico per molti superato». «Se i più acerrimi antagonisti festeggiano, è necessario ricordare che non è la morte del torero a concedere sopravvivenza al toro. Il toro muore comunque, come qualsiasi animale destinato a finire carne da tavola. Non nel macello, in questo caso, ma nell’arena stessa, ucciso dal torero che segue».

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