Locarnese

Locarno, false fatturazioni: viceprimario a processo

18 ottobre 2017
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C’era stato un accordo, fra l’ex viceprimario di chirurgia della Carità di Locarno e l’Ente ospedaliero cantonale. Prevedeva che il medico si dimettesse, rinunciasse al posto di primario al quale aspirava visto l’imminente pensionamento del superiore in carica, e che lasciasse il Ticino per cercare qualcos’altro fuori cantone. In cambio, l’Eoc «non avrebbe fatto trapelare informazioni alla stampa» (secondo la formulazione del giudice Mauro Ermani).

Il singolare antefatto è emerso ieri mattina durante il processo per truffa qualificata (consumata e tentata) e ripetuta falsità in documenti a carico del professionista, autore di 83 fatturazioni su cui figurava il suo nome come chirurgo operativo – anche se non lo era stato – per favorire finanziariamente i due giovani capiclinica del suo team che si “ammazzavano” di ore di lavoro (non retribuite) e, in sala operatoria, svolgevano impeccabilmente il suo stesso lavoro ma sarebbero stati pagati meno in quanto non ancora in possesso della certificazione Fmh.

Eppure, nonostante l’accordo e il risarcimento del dovuto, le informazioni alla stampa erano arrivate ugualmente. E proprio su quella base era scattata l’inchiesta penale – perciò definita «un po’ anomala» da Ermani – condotta dal sostituto procuratore generale Andrea Pagani; magistrato che a carico di tutti gli altri inchiestati (i due capiclinica e 3 impiegate amministrative) ha già pronunciato dei decreti di abbandono. Stessa sorte sarebbe dovuta toccare all’imputato, secondo i suoi difensori Francesca Nicora e Marco Broggini.

Quest’ultimo ha infatti più volte ribadito, in arringa, che un procedimento penale in un caso simile non si giustifica. «La premessa è che lo stesso Eoc si era ben guardato dal voler avviare un procedimento. Poi va detto che gli unici ad aver incassato qualcosa sono i due capiclinica, e sono stati prosciolti alla grande. Il nostro cliente aveva inoltre un movente nobile e sapeva che Oltralpe quella prassi è quasi una regola. Se sono ravvisabili dei reati, sono di una gravità meno che minima perché il danno è inesistente (al limite parliamo di 9’300 franchi di prestazioni per pazienti autopaganti) e comunque il medico ha già da tempo risarcito e ammesso la sue colpe. In più, è stato messo alla gogna mediatica per un’intera estate». Quindi, per la difesa, «il procedimento va abbandonato» e il medico «va esentato da ogni pena». Questo considerando inoltre, come fatto presente da Nicora, che il chirurgo «sui referti operatori non aveva mai omesso di indicare chi era il vero autore degli interventi».

Specializzandi sotto pressione

Di tutt’altro avviso il fronte accusatorio, costituito da Pagani e dall’avvocato Mario Molo, legale di Eoc. Il primo ha riconosciuto che l’agire dell’imputato non era finalizzato all’arricchimento personale. Tuttavia, spiegando nel dettaglio il complesso sistema di fatturazione in vigore all’Eoc e le modalità utilizzate dal chirurgo per favorire i due assistenti, è giunto alla conclusione che gli estremi per la truffa e la falsità in documenti ci siano tutti e siano tali da giustificare una pena pecuniaria di 300 aliquote giornaliere da 350 franchi, sospesa per due anni. L’avvocato Molo ha sottolineato che «la truffa si prefigura anche solo se il patrimonio del truffato viene messo in pericolo».

Significative, infine, le parole dell’imputato in chiusura di dibattimento. Il chirurgo si è detto «rattristato da quanto successo e anche per aver fatto soffrire la mia famiglia durante il periodo formativo, con le mie assenze. Ciò che è successo a me capita tuttora a chi si forma. Come primario di chirurgia avrei cambiato le cose. Il procedimento è stato strumentalizzato. Il problema vero è che non si riesce a vedere oltre e a rendere merito ai giovani medici che giornalmente danno anima e cuore per il loro lavoro». La sentenza è attesa non prima della prossima setti

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