Commento

La nuova alba della Lega

(Gabriele Putzu)
9 dicembre 2017
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Un anno prima e poco più (9 novembre 1989) era caduto il muro di Berlino, portandosi via le illusioni e l’identità di chi vedeva nel capitalismo occidentale il nemico da battere. Rimasti i vincitori, si è creato un vuoto ideale ancor prima che programmatico e nel suo piccolo Giuliano Bignasca, fondatore della Lega dei Ticinesi nel gennaio 1991, l’aveva (forse) intuito cavalcando subito il malumore popolare nei confronti di un potere arrogante e autoreferenziale. Aveva capito, il Nano, che quel vuoto creato col crollo del Muro doveva riempirsi di nuove proteste e anche di nuovo rancore degli esclusi. Lui stesso, il Bignasca, si era del resto sentito escluso per quell’appalto andato ad altri e mosso dall’ingegno, quanto dalla fortuna, prima col ‘Mattino’ poi con la Lega, mise in piedi un movimento – ben presto diventato partito istituzionale – che era la sintesi di tutto e di più: dei rancorosi, dei furbi di sempre che si nascondono e utilizzano altri per fare affari, degli spaesati a sinistra (orfani delle ex regie federali), dei sinceri e ingenui elettori felici di aver finalmente trovato un capopopolo disposto a farsi carico di tutte le magagne cantonticinesi. Ed è andata come sappiamo.
Un successo dopo l’altro. Poi l’improvvisa scomparsa del leader e l’eredità raccolta con fatica dal fratello Attilio, sino allora abile mediatore del movimento. Giuliano Bignasca muore il 7 marzo 2013 e dal quel giorno è stata un’altra Lega dei Ticinesi, inevitabilmente. Sono trascorsi quasi cinque anni e la transizione è finita. Il fratello Attilio, dopo vari annunci, questa volta lascerà davvero il coordinamento di un movimento che, nel frattempo, si è trasformato in partito di potere con la maggioranza relativa in Consiglio di Stato e col sindaco nella principale città ticinese, Lugano. Partito di potere nelle istituzioni e negli enti pubblici e parapubblici, come in non pochi Comuni. Corpo intermedio senza strutture, dove ognuno che conta agisce per conto proprio, senza rispondere a chicchessia. Lontani i tempi quando il Nano dettava legge da via Monte Boglia e nessuno osava replicare. L’Attilio si è sempre limitato a coordinare, ovvero a metterci la faccia quand’era necessario. Nient’altro. Via lui, cosa succederà?
Domattina si ritroveranno a Pregassona per festeggiare i 25 anni dal no svizzero allo Spazio economico europeo (See) e magari sarà occasione per capire da che parte gira il vento della leadership, ammesso e non concesso ve ne sia una (identitarismo a parte). C’è chi vorrebbe darsi finalmente una struttura organizzativa, magari minima ma identificabile e chi pensa che tutto sommato la Lega sta bene come sta, senza più un capo vero, ma con tanti “capetti” che gestiscono il proprio spazio di potere e fanno sintesi ogni tanto, magari sul ‘Mattino’ (scheggia sempre più impazzita) o magari grazie alla figlia dell’Attilio, che dietro le quinte ha, lei sì, gestito la transizione. Finché dura. E durerà ancora a lungo, non tanto per i meriti (si vive di declamazioni e illusioni) quanto piuttosto per palese incapacità della concorrenza, oggi più che mai persa nella nebbia della disillusione popolare.

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