Commento

La lunga ricreazione

(©Ti-Press / Gabriele Putzu)
13 giugno 2017
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Fra poche ore squillerà la fatidica campanella che annuncia agli allievi del cantone la fine delle lezioni. Una campanella, dopo mesi e mesi passati sui banchi di scuola a imparare tante cose nuove, certamente anche liberatoria.

A volte, quando gli allievi delle Elementari e delle Medie vengono a visitare il giornale, ricordo loro che l’evoluzione della lettura (anche di quella dei giornali) è andata di pari passo con l’alfabetizzazione. Perché capitava che (ancora non molti anni addietro) una società ancora fortemente agricola, complici povertà e ignoranza, spingesse le famiglie di ragazzi come loro a privilegiare l’utilità delle braccia delle giovani leve sugli alpi a curare le vacche e le capre, piuttosto che spingerle ad andare a scuola. Non troppi anni fa le scuole – anche a seguito di questo retaggio – iniziavano ancora a metà settembre, perché sino a quella data si faceva l’ultimo fieno o si curavano le mandrie al pascolo. Dico loro questo, perché a furia di dare le cose (le conquiste) per scontate, si perde per strada il vero senso.

Diciamolo ad alta voce: non si va a scuola per far felici i genitori. Lo si fa per crescere e formarsi, per cercare di avere un domani maggiori chance di successo anche professionale. Non nel senso di far soldi a palate, ma di poter esercitare, anche scegliendola, una professione che si ama. E non è poco. Si va dunque a scuola per imparare soprattutto per sé stessi.

Sarebbe già un passo notevole se la maggioranza dei ragazzi, che frequentano le nostre scuole dell’obbligo, avesse questa consapevolezza. Come sarebbe anche un ulteriore passo innanzi, nella qualità della scuola, se le direzioni e gli ispettori (o quelli del dipartimento di Bellinzona) fossero più esigenti nei confronti di taluni docenti. Perché, per dirla tutta, anche loro devono essere ben coscienti del ruolo che stanno svolgendo, educando ed esercitando alla vita i nostri figli. Tanti lo sono, alcuni eccellono. Ma non tutti! Nelle scuola ci sono ancora docenti (di certo pochi, ma sempre troppi!) che non si meritano di svolgere la funzione di insegnante e nei confronti dei quali è opportuno passare ai cartellini gialli e anche rossi.

Il ruolo della scuola, in questi anni di epocali cambiamenti, è ancora più importante. Per affrontare i mutamenti che attendono i nostri giovani (imposti dall’evoluzione strutturale dietro l’angolo delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale) è infatti fondamentale dare loro radici profonde e bussole precise. Questo significa maggiore responsabilizzazione da parte di tutti: allievi, docenti e anche genitori.

Ora, come detto, la campanella sta per suonare. È quindi tempo di ricreazione. Di una lunga ricreazione che durerà due mesi e mezzo. Un tempo diverso, lento e lungo, da non dedicare soltanto all’ozio, ma anche a esperienze di vita, professionali e formative che permettano di crescere anche durante l’estate. Per farle non è necessario andare chissà dove: spesso l’occasione è vicina. Basta saperla cogliere! Buone e proficue vacanze.

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