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'La lotta alla corruzione? È anche una questione di cultura'. Parla il pg della Confederazione Lauber

(Pablo Gianinazzi)
21 febbraio 2017
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Come si combatte la corruzione nell'Amministrazione pubblica? È sceso in Ticino in un momento delicato il procuratore generale della Confederazione Michael Lauber. Il Cantone è infatti scosso dallo scandalo dei permessi facili, che vede tra gli imputati anche un dipendente dell'Ufficio della migrazione accusato di aver preso mazzette in cambio di agevolazioni per ottenere documenti di soggiorno. E allora stasera, al termine dell'evento 'Il crimine organizzato in Svizzera' tenutosi s Lugano sotto l'egida del Dipartimento istituzioni di Norman Gobbi, Lauber non ha potuto sottrarsi alla domanda: come si combatte la corruzione nell'Amministrazione pubblica?  «Per combattere la corruzione – ha risposto il magistrato – esistono molteplici approcci. A livello federale, per esempio, tutti possono annunciare eventuali sospetti a un servizio. Servizio che poi analizza le segnalazioni ed eventualmente le inoltra alla Procura federale». Più in generale però, ha specificato Lauber, «si tratta di una questione di cultura e di valori che devono essere avvertiti come propri. E ciò riguarda tutti i livelli: da quello nazionale a quello cantonale, dalle attività pubbliche a quelle private».

Nel corso della serata il pg della Confederazione ha poi voluto rassicurare i presenti: contro Gennaro Pulice, pentito di mafia italiano che ha detto di aver 'comprato' un permesso di soggiorno in Ticino, a Berna «è stata aperta un'inchiesta» per ricliclaggio. Ma «per ora non è emerso – ha confermato il magistrato – nessun legame con l'inchiesta cantonale (condotta dal sostituto procuratore generale Antonio Perugini, ndr)» che vede coinvolto pure l'Ufficio migrazione. E le infiltrazioni della ’Ndragheta e delle altre mafie in Svizzera? «Non c'è un'inflitrazione sistematica. Né in Ticino, né altrove», ha assicurato Lauber. Pur trattandosi di «casi puntuali» (una ventina in tutto), occorre tuttavia rimanere «vigili». Non da ultimo perché i mezzi attualmente a disposizione dell'autorità inquirente non sono sufficienti, «se vogliamo andare lontano» nella lotta al crimine organizzato.

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