Commento

La linea Burkhalter

25 marzo 2017
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Come leggere la strategia adottata da Berna nei confronti della Turchia, Paese prossimo ad una delicata scadenza elettorale? Un cruciale appuntamento alle urne per chiedere ai cittadini se vogliono accettare una riforma costituzionale che accorda al presidente Erdogan un potere senza precedenti. Potere che si sommerebbe a quello già accresciuto di cui egli dispone e che, dopo il fallito colpo di Stato di luglio, gli ha permesso di imprigionare migliaia di persone: semplici cittadini, funzionari e magistrati senza dover badare al rispetto dei diritti fondamentali dell’Uomo.
Da quanto è emerso, il capo della diplomazia elvetica, Didier Burkhalter, si è sin qui mosso bene, facendosi abilmente guidare da un’unica bussola: quella del rispetto dello Stato di diritto. Un punto fermo al quale ne ha aggiunto un secondo, dettato dal buon senso e dalla tradizione elvetica: mantenere aperta il più possibile la via bilaterale del dialogo. Così – questa la posizione elvetica – se su suolo svizzero vengono indette manifestazioni politiche in vista del voto turco, possono tenersi, ma solo nel pieno rispetto dei nostri diritti fondamentali, sicurezza compresa.
Allo stesso tempo, è altrettanto importante che, se agenti inviati dal regime turco hanno commesso atti illegali nel nostro Paese – recandosi ad esempio all’università di Zurigo a filmare di nascosto partecipanti a conferenze di oppositori al regime o simpatizzanti del genocidio armeno – il dossier che scotta venga passato nelle mani della magistratura federale e venga ufficialmente aperto un procedimento penale per spionaggio politico. Senza sconti.
Seguendo la strategia del dialogo (che mette però tutti i puntini sulle ‘i’ della parola diritto), questi nodi sono, dunque, stati affrontati nel colloquio a quattr’occhi avvenuto giovedì fra Didier Burkhalter e il suo omologo turco Mevlüt Cavusoglu. Un incontro bilaterale schietto che è anche servito al nostro capo della diplomazia per avvisare il collega che Berna intendeva per l’appunto far rispettare sul suo territorio le leggi e che il governo aveva autorizzato la magistratura federale ad avviare un’inchiesta penale. Allo stesso tempo all’ospite è stata data la possibilità di raggiungere l’ambasciata turca per svolgere anche attività politica in vista del voto. Un atteggiamento di apertura /fermezza, quindi, diverso da quello assunto in queste settimane da altri Paesi europei pure confrontati con questa delicata campagna elettorale turca. Sta ora ai favorevoli e agli oppositori al regime di Ankara dimostrare, da qui al 16 aprile giorno del voto sul referendum, di sapersi comportare secondo le regole elvetiche.
Speriamo infine che il nostro governo, dopo aver dato il nulla osta alla procura federale, nei mesi a venire non si metta di traverso, quando magari altri interessi potrebbero tornare preminenti. Perché allora avremmo a che fare con diritti fondamentali a geometria variabile a seconda degli interessi di bottega del momento. Affaire (turco) à suivre.

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