Inchieste

La filosofia – Privazione della libertà: l’ultima ratio

30 maggio 2015
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Nel 2014 l’alternativa all’incarcerazione si è concretizzata in 17 occasioni e la casistica è in aumento. L’obiettivo è ridurre al massimo, in tutte le fasi, il periodo di privazione della libertà. Questo tanto più che il Codice penale attuale considera la privazione della libertà quale ultimo “strumento” atto a garantire la protezione e la sicurezza della società. Infatti in Ticino il tasso di carcerazione preventiva rispetto al totale delle condanne penali è esiguo: parliamo di non più di un 10-15%. A Ginevra, ad esempio, la situazione è clamorosamente diversa: questo rapporto raggiunge praticamente il 50%. La misura sostitutiva rappresenta comunque un’eccezione perché esclude, per ovvie ragioni, tutti i non residenti – e cioè la maggioranza dei detenuti nella Farera, essendo il Ticino un cantone di frontiera – più tutte le persone che, in ragione del reato o delle loro condizioni individuali, rappresentano un pericolo per la società.

La vita ‘in scala’

È uno stato, quello della detenzione, che rappresenta la base di partenza per una rieducazione morale e sociale: «Il carcere riproduce “in scala” il quadro esterno, a partire dalla cella, ovvero l’appartamento che il detenuto sarà chiamato a gestire e tenere in ordine – ricorda De Martini –. Allo stesso modo la vita nelle strutture carcerarie si svolge prestando attenzione a pilastri del vivere civile come l’igiene personale, la cura dei propri spazi e quelli comuni, la strutturazione e normalizzazione della quotidianità, dal lavoro (obbligato per le persone condannate), al tempo libero, alle relazioni e convivenza tra pari o con l’autorità. Il tutto deve rientrare in un comportamento appropriato rispetto alla prospettiva di reinserimento che ci si pone come obiettivo». Relativa, a questo proposito, la distinzione fra chi, dopo la rimessa in libertà, dovrà rifarsi una vita in Svizzera (generalmente non più del 30% dei detenuti della Stampa) piuttosto che all’estero.

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