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La fattura? Saldata coi bitcoin

(Pablo Gianinazzi)
13 ottobre 2017
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Il futuro è adesso. E parla il linguaggio della digitalizzazione. Prendete la valuta, sempre meno cartacea – per quanto la Bns sta rivedendo i propri ‘pezzi’ – e sempre più di plastica, ovvero ridistribuita via tessera.

E allora facciamo un passo in più, verso le nuovissime tecnologie finanziarie. Con i “bitcoin” ad esempio, la moneta elettronica creata nel 2009 e che a fine settembre contava già 16,6 milioni di ‘pezzi’ per una capitalizzazione di ben 28,4 miliardi di dollari. L’idea è semplice: un progetto pilota, per un anno, al Dipartimento delle istituzioni (Di) dove si possa pagare le fatture in bitcoin. Senza limite, contrariamente a Zugo e a Chiasso dove è già data ai cittadini questa opportunità ma con un tetto massimo rispettivamente di 200 e 250 franchi. L’idea è contenuta in una mozione “trasversale”, firmata da deputati di quattro gruppi parlamentari. Primo firmatario è Paolo Pamini, granconsigliere de ‘La Destra’. Perché mai cambiare, Pamini, magari complicando la vita ai cittadini? «In verità per l’utente non cambierà niente perché è come se pagasse in dollari o in euro. Si tratta di una proposta relativamente semplice, da un punto di vista tecnico, senza nessun rischio per il Cantone ma con una grande valenza verso l’esterno come segnale di apertura verso questo nuovo mondo». Per altro, commenta ancora Pamini, il Canton Ticino non arriverebbe primo perché come detto il pagamento coi bitcoin è già possibile a Zugo e dal 2018 lo sarà anche a Chiasso. «La nostra proposta è invece originale sul limite, che non esiste; non viene imposto». Ma quanto costerà cambiare sistema di pagamento? Voi della destra siete sempre attenti ai costi dell’amministrazione cantonale... «Beh, ci si potrebbe addirittura guadagnare, con l’aumento di valore dei bitcoin. Ma in verità non cambierà niente: al momento dell’incasso vengono immediatamente convertiti in franchi svizzeri». D’accordo, ma dove li trovo i bitcoin? «È possibile acquistarli ai distributori delle Ffs ubicati in tutta la Svizzera e le Ferrovie non si espongono al rischio del cambio. Non appena una persona li acquista, vengono immediatamente convertiti. I bitcoin stanno circolando sempre di più. Vi sono altri punti di vendita [uno anche a Lugano, vedi nella foto, ndr], tipo bancomat, dove effettuare l’operazione di acquisto è estremamente semplice. Ed è altresì possibile reperirli online». Una valuta elettronica – perché di questo si tratta – che non fa riferimento a un ente centrale e sta ottenendo ampi consensi. Pamini cita un caso, in Olanda, dove s’è creata una specie di comunità fra commercianti, un centinaio, che utilizza la moneta elettronica per le vendite; dal meccanico al fruttivendolo. Affidabile, semplice, innovativa: «Si tratta dunque di lanciare un messaggio di fiducia» precisa il primo firmatario della mozione che punta sul Dipartimento delle istituzioni per avviare una fase sperimentale. «Perché è un Dipartimento dove la digitalizzazione sta occupando un ruolo importante e poi perché emette ogni anno centinaia di migliaia di fatture per le imposte di circolazione, i servizi di collaudo o il rilascio di permessi» precisa Pamini. Concluso l’anno di sperimentazione, il Consiglio di Stato dovrebbe redigere un rapporto all’attenzione del Gran Consiglio così da poter decidere come proseguire. Del resto chi l’ha detto che il denaro è soltanto quello di carta, magari ben sistemato sotto il materasso? Le criptovalute sono ormai fra di noi, “oggetti” reali. Non alieni, ma soldi veri.

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