Confine

Inchiesta Fort Knox, un fiume d'oro verso il Ticino

(©Ti-Press/Gabriele Putzu)
6 ottobre 2017
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È slittata al 17 ottobre la sentenza ad Arezzo nell’udienza preliminare – oltre sessanta gli imputati – per il più colossale contrabbando d’oro verso il Canton Ticino (4’436,95 chili di metallo giallo per un valore di 177’478’000 euro). L’udienza dell’altro ieri è stata breve. Il tempo necessario per alcune repliche. Abbastanza per apprendere che il “cartello” smascherato dall’inchiesta Fort Knox è stato in grado di realizzare, nell’arco di una decina di anni, un mercato parallelo a quello legale e inquinare il mercato ufficiale.

È quanto emerge dalla rogatoria che Marco Dioni, sostituto della Procura di Arezzo, aveva chiesto al Ministero pubblico della Confederazione. Dalle carte giunte da Berna è stato infatti possibile ricavare l’esatto quantitativo di oro contrabbandato in Ticino dai collettori di riferimento di Fort Knox (uno residente a Lugano, l’altro toscano con domicilio a Chiasso).

Queste le dimensioni dei traffici illeciti, ricostruiti dagli investigatori: 34’095,50 chili di oro puro, per un importo totale di 1 miliardo e 400 milioni di euro. Il quantitativo di oro indicato nell’inchiesta Fort Knox comprende quello sequestrato fra il 2011 e il 2012 e quello accertato documentalmente dagli investigatori del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Arezzo. Inizialmente l’accusa era di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di oro, in quanto proveniente da altro reato. Accusa che inaspettatamente è stata derubricata in associazione a delinquere finalizzata al contrabbando. Tanto che il pm Marco Dioni ha presentato agli imputati un conto relativamente modesto.

Patteggiamento nei limiti della condizionale (massimo due anni) per 34 imputati, tutti i protagonisti principali, fra cui Petrit Kamata, imprenditore svizzero di origine albanese, con uffici a Lugano e a Chiasso, considerato il capo dei capi del traffico illecito, e Michele Ascione, orafo aretino, con interessi in Ticino, referente di Kamata in Toscana. Patteggiamento anche per gli altri imputati ticinesi e i corrieri di valuta e comaschi. Assoluzione per Matteo figlio di Kamata, per mancanza di sufficienti elementi di prova a suo carico. Chiesta anche la confisca dei beni (40 milioni di euro).

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