Inchieste

I disturbi – Più della metà in cura psicoattiva

14 maggio 2015
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Circa il 60% della popolazione carceraria totale è trattata con medicamenti psicoattivi. Si tratta però sempre di trattamenti che hanno l’obiettivo di curare il disturbo psichico di base. Il ricorso ai farmaci «è valutato attentamente e discusso», precisano gli psichiatri, ribadendo il concetto secondo cui, a dispetto dell’ampiezza della misura, non v’è mai in nessun caso una somministrazione disinvolta. «Lo psicofarmaco deve avere un’indicazione medica e non deve mai servire per realizzare la necessità di disciplinare il detenuto». Qui emerge la delicatezza del ruolo della guardia carceraria anche in relazione alle modalità di distribuzione e ai tempi di somministrazione dei medicamenti. «Se il detenuto chiede di ricevere il farmaco, ma poi dice di volerne ritardare l’assunzione, la guardia può facilmente trovarsi di fronte al dilemma se fidarsi o no».

Un controllo rigido e visivo dell’assunzione ha anche la funzione di limitare i rischi che il medicamento non preso, e custodito, possa diventare moneta di scambio fra detenuti, parte di un mercato potenzialmente alimentato anche da quanto – poco, secondo quanto indicano i recenti controlli delle urine effettuati fra i detenuti – riesce a entrare con i parenti in visita, che pure hanno già dato sfoggio di una certa qual fantasia nell’“imboscare” materiale non ammesso.

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