Hockey

'È già pronto per la Nhl'. Pauli Jaks sul fenomeno Hischier

(Carlo Reguzzi)
28 giugno 2017
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Nel sentire il nome di Nico Hischier risuonare per primo nella notte del draft di Chicago, la Svizzera si è riempita d’orgoglio di fronte a quel ragazzino vallesano, apparentemente timido di fronte agli occhi di tutto il mondo, ma che sul ghiaccio non lo è di certo. E Pauli Jaks, che il prodigio di Naters lo conosce piuttosto bene, è uno di quelli che deve a Nico una gioia particolarmente profonda. «Sono contentissimo – dice il 45enne ex bandiera dell’Ambrì Piotta –. Avrei voluto esultare in diretta, ma purtroppo il sonno ha prevalso. Appena mi sono svegliato sono andato a controllare ed ero al settimo cielo. Credo che Nico se lo meriti nella maniera più assoluta. Non saprei dire che cosa abbia spinto i Devils a preferirlo a Nolan Patrick, perché non conosco molto bene il profilo del canadese, ma le qualità di Hischier mi sono note ormai da diversi anni (Jaks lo ha osservato nella Nazionale U18 di cui dal 2015 ricopre il ruolo di allenatore dei portieri, ndr). È un’eccellente pattinatore con un’ottima visione di gioco. Un centro two-way, efficace in difesa ma sicuramente più predisposto al gioco offensivo dove può contare su un repertorio di giocate fantastiche. Insomma, è un giocatore completo».  

Già all’età di 15 anni il suo potenziale saltava all’occhio di qualsiasi intenditore. «Quando lo vidi giocare per la prima volta capii subito che aveva qualcosa di speciale. D’altronde, uno che brillava con la Nazionale U18 nonostante fosse due anni più giovane rispetto ai suoi compagni, doveva avere un talento fuori dal comune. Di giovani del genere non ne avevo mai visti in Svizzera. Ma il talento non basta: per raggiungere la Nhl si è rimboccato le maniche e ha lavorato duro». Quel che più colpisce è la grande maturità di un ragazzo che ha sempre portato sulle spalle l’etichetta del predestinato senza tuttavia mai accusarne la relativa pressione, mantenendosi concentrato sul proprio obiettivo. «È qualcosa che ho potuto constatare nelle ultime esperienze con la Nazionale. Si dimostrava molto tranquillo, senza avvertire la pressione del draft che incombeva, e riusciva a trasmettere questa calma anche agli altri compagni. È un leader completo, umile e con la testa sulla spalle.  L’ho visto prendersela con se stesso al termine di partite negative e avere la forza d’animo per riprendersi immediatamente in quelle successive. L’abilità di lasciarsi le delusioni alle spalle e di continuare a sudare per migliorarsi è la sua grande forza». Una forza che pian piano lo ha fatto diventare un pezzo sempre più pregiato. «Già ai tempi sapevo che aveva possibilità di essere scelto al giro iniziale, ma mai mi sarei aspettato che venisse eletto per primo. La scelta di andare in Canada ha pagato moltissimo, anche se non sempre è necessario per un giovane che insegue il sogno Nhl. Dipende tanto da quello vuole e cerca il ragazzo, ma anche da ciò che i club svizzeri possono offrire a questo tipo di talenti. Per esempio, a Thomas Geisser (draftato al quarto turno dai Washington Capitals) è stata data la possibilità di crescere qui da noi in Lnb (con l’Evz Academy) e di fare già alcune presenze in Lna con lo Zugo. Chiaramente per Hischier il discorso è diverso: se hai un simile impatto in patria è giusto che tu vada oltreoceano,  e se anche in quel contesto fai così bene non puoi che finire sotto i riflettori».

 Nico Hischier è pronto per giocare da subito nella lega più prestigiosa del mondo? «Penso che una prima scelta debba avere la sua chance – dice Jaks –. E a mio parere lui è sicuramente pronto per averla subito. Detto questo, non dimentichiamoci che ha 18 anni, e di tempo per giocare ne avrà ancora tanto e se dovesse tornare a Berna per una stagione, per lui ma anche per noi spettatori, non sarebbe sicuramente qualcosa di negativo. Ma ora, inzialmente dovrà rilassarsi un po’ dopo tutto lo stress subito in questi mesi. Festeggerà nel suo paesino di Naters e poi si vedrà con l’inizio degli allenamenti. Ripeto: è giovane ma ha la testa sulle spalle e sarà in grado di capire cosa è meglio per lui». Da quanto appreso dalle parole dell’agente del 18enne, Gaetan Voisard, Hischier (che tornerà in Svizzera per poi ripartire l’11 luglio per il Development Camp dei Devils) ha il 60% di possibilità di giocare da subito in Nhl. Per riuscirci dovrà in particolare aumentare la massa muscolare entro il training camp di settembre. «È necessario, ma senza andare ad ostacolare la sua velocità – dice Jaks –. Mi aspetto che New Jersey abbia pensato a un programma dettagliato per il suo bene. Posso però assicurare che, anche se sembra magrolino, è robusto e sa come fare un check. È molto forte sulle gambe e per l’avversario è difficile buttarlo giù». Nel frattempo, il General manager Ray Shero ha voluto togliere un po’ di pressione al rossocrociato. «Partiamo dal presupposto che c’è un posto per lui in squadra. Dispone dell’istinto e della qualità che mancano nella nostra rosa, ma tutto dipenderà dalla velocità del suo sviluppo». Intanto nel New Jersey è già scoppiata la ‘Nicomania’, con gadget di ogni genere legati al vallesano. Un entusiasmo che mette in luce la necessità di un’attrazione simile, che mancava ormai da tempo.

Negli ultimi anni sempre più rossocrociati hanno varcato le porte della Nhl. «Prima di tutto c’è da valorizzare il lavoro dei club svizzeri con i propri giovani – spiega Jaks –. Il progetto Rockets ne è un valido esempio. Non bisogna poi dimenticare l’importanza delle Nazionali giovanili, che lottano e mettono in mostra un buon gioco. Negli ultimi anni c’è stata una buona sinergia tra Federazione e società. Sono sempre più importanti i tornei internazionali giovanili, sopratutto gli eventi a livello U18, dove è presente il maggior numero di scout. Per quelli che hanno la fortuna di fare parte di queste selezioni è una grande occasione per girare il mondo e farsi notare». Per arrivare in alto si passa dal sacrificio. «Ai miei tempi l’estro poteva bastare, ma oggigiorno il lavoro conta molto più del talento, che ti porta fino a un certo punto, ma se poi non hai voglia di impegnarti a pieno non arrivi tanto lontano». Sarà possibile sfornare nuovi talenti simili? «Tutto è possibile. Ci sono degli ottimi giocatori pronti a sbocciare. Il mio consiglio è di non sentirsi mai appagati. Se penso a Marc Streit, per esempio, è uno che non ha mai smesso di migliorarsi, dando sempre di più col passare del tempo. Se tu arrivi in Nhl non vuol dire che ci resterai per sempre: basta un niente per sprofondare e finire nel dimenticatoio. Nico sarà uno di quelli in grado di spingere sempre al massimo».

La Nhl di Pauli

Il 22 giugno 1991, un 19enne portiere dell’Ambrì Piotta diventò il secondo giocatore svizzero draftato (dopo Jacques Soguel nel 1976) scelto in 108esima posizione assoluta dai Los Angeles Kings. «Ma io non sapevo nemmeno cosa fosse il draft – ammette Jaks–. Ricordo che ero in vacanza e mi chiamò mio padre: era contentissimo e mi disse che sarei andato a giovare in Nordamerica». Un mondo in cui Pauli mai si era immaginato. «Due anni prima del draft avevo partecipato ad alcuni raduni per talenti e a ogni giocatore fu chiesto di fare un disegno inerente al proprio futuro. Tutti si immaginavo già con la Stanley Cup in mano. Io, invece, mi vedevo ad Ambrì: ero già contento di essere lì, di aver raggiunto la Lna e le Nazionali giovanili». Poi però nel 1993 ci fu la firma per due anni con i Kings e, dopo una stagione con il Farm team dei Phoenix Roadrunners, ecco che in una sera d’inverno Pauli Jaks diventò il primo svizzero ad esordire in Nhl. «Era il 29 gennaio 1995 – dice con orgoglio –, come dimenticarselo. Il regalo più grande fu la presenza alla partita di mio padre, che proprio in quel periodo venne a trovarmi negli Stati Uniti. Quella sera partii come riserva, l’incontro cominciò male: dopo il primo tempo eravamo sotto 4-1. Nello spogliatoio l’allenatore, Barry Melrose, manifestò la sua rabbia e, pochi istanti primi di tornare in pista, mi guardò e mi disse che toccava a me. Non ebbi il tempo di pensarci, e questo fu lo scopo della comunicazione tardiva, indossai il casco e scesi sul ghiaccio. Andò bene: feci delle belle parate e mi ritrovai sul ghiaccio insieme a giocatori leggendari (Wayne Gretzky, suo compagno e capitano dei Kings su tutti, ndr)».  Jaks svela poi un aneddoto curioso. «In quel periodo avevo un dito rotto, ma non lo dissi a nessuno altrimenti non avrei giocato nemmeno quei magici 40 minuti. Dopo due settimane tornai a Phoenix e svelai il segreto ai miei compagni che mi diedero del pazzo. Ma a me non importava niente: era la mia occasione e dovevo coglierla a tutti i costi. A fine stagione però, Jaks salutò la Nhl, per sempre. «Ma senza rimpianti – conclude il 45enne –. Se ripenso a quelle due stagioni riaffiorano solamente ricordi positivi, sportivi e privati. Sono convinto che non avrei potuto chiedere di più».

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