Commento

Fuochi d’artificio sparati per distrarci

22 febbraio 2017
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Armi di distrazione di massa. Una felice definizione che ci ricorda come la verità a volte non è quella che appare. Fu il caso – ed è lì che decollò – delle presunte armi di distruzione di massa, nello specifico batteriologiche, che Colin Powell, segretario di Stato degli Stati Uniti, esibì al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per convincere il mondo sull’imminente pericolo generato dall’Iraq di Saddam Hussein. Non c’era nulla di vero, ma gli States ottennero il via libera per far volare i propri cacciabombardieri su Baghdad. E non era certo la prima volta. Distrarre l’opinione pubblica è prassi consolidata da tempo. C’è chi ne sospetta l’uso anche negli anni di piombo, in Italia, quando una tragedia poteva servire per nascondere verità pesantemente scomode. Del resto i media sono quasi sempre abbagliati dai botti più forti e più luminosi. Come in questi giorni in Canton Ticino, con la vicenda dei permessi falsi. Scoppia il caso, si apre l’inchiesta giudiziaria e si evidenziano irregolarità proprio là dove si consuma il “rito del sovranismo”: la concessione o meno della permanenza nel nostro territorio a chi è straniero e dunque altro da noi. Nel tempio dell’ideologia “veteroetnica” governato, va da sé, dai paladini dell’etnicismo, ovvero i leghisti. Si direbbe un complotto o qualcosa di molto simile, o forse, e più semplicemente, la spia di una fragilità sistemica nascosta sotto il tappeto del “primanostrismo”. Fragilità fra l’altro ben evidenziata l’altro giorno dalla ComCo con la sua denuncia sulla diffusa mancata concorrenza economica in Ticino. Ma tant’è. Non si può far circolare l’idea che proprio nel cuore del sistema si nasconde la coda del diavolo e dunque – dopo la necessaria e tremenda indignazione – che si dia fuoco alle polveri con le armi di distrazione di massa. Che le colpe ricadano sugli appestati del nuovo millennio, che l’ingiustizia sia figlia d’oltre confine o degli invidiosi qui residenti (vedi il “Mattino”) che tanto odiano la beneamata Lega dei Ticinesi. Si direbbe una favola di principi e streghe d’altri tempi e per certi versi lo è perché ci racconta – come ai bambini prima di prendere sonno – esattamente quello che vogliamo sentire perché rassicurante. Ci distrae, appunto, dalle cose cattive del nostro mondo. E soprattutto ci conforta saper che i cattivi vivono altrove. Poi c’è il presidente del Partito socialista che riporta il campanile al centro del villaggio e ricorda a tutti qual è la verità scomoda: certe cose capitano perché mancano i controlli, perché viviamo anche qui un mondo del lavoro fragile e precario, dove la pressione sui dipendenti – a maggior ragione se bisognosi più di altri – è tanta e tale che finisce col creare situazioni ibride, dove la legalità corre sul filo di lana, pronta a cadere nel baratro del malaffare. Una realtà dove l’onesto è penalizzato perché sottoposto alla concorrenza sleale del disonesto. La verità – aggiunge ancora il presidente del Ps – è quella manifestata dal popolo che ha accolto il controprogetto sull’iniziativa contro il dumping salariale dove si diceva che è necessaria l’assunzione di venti ispettori del lavoro perché dove c’è fragilità economica i malviventi hanno gioco più facile. E stiamo ancora aspettando. Il vero diavolo, dunque, si chiama “sfruttamento” e anche “tratta di esseri umani” perché ha a che fare con persone sottoposte a lavori massacranti, magari pericolosi, per quattro soldi. Una brutta realtà presente, purtroppo, anche alle nostre latitudini per mille motivi e altrettante ragioni. Una triste realtà da estirpare per salvare l’ampia e prevalente economia sana.

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