Commento

Dal basso, non dal divano!

21 giugno 2017
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Muore un matador e la rete tifa per il toro. Così titolavamo lunedì un nostro servizio pubblicato online riportando la notizia, ma soprattutto le reazioni sui social, all’uccisione in Francia di un noto (negli ambienti della tauromachia) torero da parte del toro. Perché attorno a questa notizia sia ‘impazzita’ la rete è presto detto. Perché, dopo tante vittime nell’arena fra i minacciosi quadrupedi, il morto stavolta è un torero, cioè colui che solitamente infligge dolore e morte all’animale. È stato il carnefice ad averci lasciato le penne. Che si tratti di una persona e non di un animale è sembrato importare poco ai critici. Insomma – come nel caso del padrone che morde il cane e fa notizia e non il contrario – dietro questo fatto di sangue c’è una chiara inversione di ruoli: la corrida lo scorso fine settimana si è conclusa all’opposto di quello che tutti (almeno fra il tradizionale pubblico di aficionados) auspicavano.

Commentando da noi in rete il fatto di sangue, quindi con la sensibilità di persone appartenenti a un Paese che non ha nelle proprie tradizioni la corrida, non è facile capire come mai esista una simile e cruenta tradizione. È quindi più facile che i commenti siano anche molto sbilanciati a favore dell’animale. Talmente sbilanciati e sarcastici che alcuni rappresentanti del settore stanno valutando se sporgere querela penale nei confronti degli autori dei tweet offensivi.

Non va dimenticato che in questi ultimi anni il rispetto nei confronti degli animali si è viepiù affermato (perlomeno da noi), giungendo anche a riconoscere loro dei diritti. I tempi cambiano. In Svizzera persino alcune manifestazioni, che fanno parte della (nostra) tradizione, raccolgono viepiù critiche quando attentano anche solo alla libertà degli animali. Pensiamo, ad esempio, alla rinuncia che si sta man mano affermando sotto il tendone del circo nel mettere in programma esibizioni con animali, dopo le ripetute azioni di sensibilizzazione, sempre più pressanti, promosse dagli animalisti in concomitanza con l’arrivo del caravanserraglio.

Insomma, l’incomprensione nei confronti di chi non rispetta gli animali sembra guadagnare sempre più terreno. Ma giudicare una tradizione di un altro Paese è sempre operazione delicata, anche se certamente legittima. Delicata poiché all’origine ci sono storia, identità, cultura in senso lato e consuetudini popolari che da decenni dividono persino la Spagna moderna, terra madre delle corride. Liberi tutti di contestare, di mettersi dalla parte del toro, purché si sappia di cosa si parla.

La rete permette invece di manifestare (anche con sparate) giudizi su quanto succede anche all’equatore, standosene comodamente seduti su un divano in un loft al centro di Londra. Certo, qualcuno a questo punto sarà pronto a dire: ma nel Sud della Francia si permette di uccidere dei tori facendone un indegno spettacolo. Concordiamo. Ma è in quella comunità – più che in questa o quella community – che deve nascere, maturare e affermarsi la consapevolezza della gravità e dell’improponibilità di quella mattanza, che per ora sembra attirare ancora molti estimatori e spettatori.

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