La gioventù dibatte

Esiste la guerra giusta?

F: Stefano Pozzi e Federico Bolzani del liceo di Lugano 1; C: Viola Delcò ed Emma Broggini del liceo di Lugano 2
21 aprile 2016
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“Esiste la guerra giusta?”. Tema di grande attualità, dopo gli attentati del novembre scorso a Parigi e la decisione della Francia di lanciare una vasta offensiva contro il terrorismo, bombardando i territori occupati dall’Isis. Il presidente Hollande non ha esitato a definire “giusta” la guerra contro il terrorismo. Quest’affermazione, condivisa da taluni capi di Stato, ma condannata da altri, ha riacceso il dibattito internazionale sull’uso delle armi per risolvere le controversie fra Stati e ai giovani abbiamo assegnato questo tema di ampio respiro per uno scambio di opinioni sul fronte storico-politico.

FAVOREVOLI
Già nell’antica Roma esisteva il diritto di guerra (ius belli), secondo il quale le guerre dovevano essere prima annunciate e poi dichiarate. Cicerone, filosofo romano del I secolo a.C., sviluppò il concetto di bellum iustum, giustificando la guerra come mezzo per riparare un torto subito o per ricacciare i nemici/invasori. L’idea stessa di guerra giusta, in senso moderno, è da attribuirsi a Sant’Agostino e al pensiero cristiano che giustifica la guerra in tre casi: se difensiva, se dichiarata per riparare un torto o annullarne gli effetti, se condotta per punire chi aveva provocato un grave danno. Questi concetti nel corso del tempo sono stati sviluppati fino ad arrivare al “giusnaturalismo”, cioè un movimento filosofico-giuridico che cercava di definire i rapporti tra Stati in base all’idea che i fondamenti del diritto sono dettati dalla natura. Questi concetti sono stati ripresi soprattutto negli ultimi decenni e hanno con- tribuito alla costituzione del diritto interna-zionale. Lo stesso Barack Obama nel 2009, durante il suo discorso per l’accettazione del premio Nobel, fece diversi riferimenti alla guerra giusta, o meglio “giustificata”. Egli dichiarò che le stesse nazioni un giorno avrebbero trovato l’uso della forza non solo necessario ma giustificato, quando è l’ultima risorsa possibile e quando è di difesa nei confronti dei civili che purtroppo oggigiorno sono ancora vittime silenziose. Quindi la guerra non deve essere vista come un mezzo di offesa, ma come un diritto giuridico di un popolo per mantenere la sua integrità, poiché oltretutto chi non rispetta questo diritto non rispetta le stesse norme del diritto internazionale. La storia stessa ci aiuta a difendere la tesi che esistono guerre giuste. Con questo non vogliamo sostenere che la guerra sia bella, perché questo vorrebbe dire offendere tutti i morti, civili e militari, ma a volte è necessaria per evitare un male maggiore. Uno degli esempi più famosi è l’annessione dei Sudeti e l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, che furono tra le concause della Seconda guerra mondiale. Francia e Inghilterra entrarono in guerra contro Hitler, come soluzione estrema per arginare mali peggiori e per salvaguardare i diritti di popolazioni aggredite. Senza la guerra, come sarebbe stato possibile fermare gli arabi a Poitier nel 732, oppure a Vienna nel 1683 o l’avanzata nazista in Europa nel Novecento? Nella nostra epoca il concetto di guerra è mutato: se prima esistevano due blocchi ben precisi, oggi invece le alleanze cambiano in base agli interessi strategici del momento storico. L’essenza stessa del conflitto si è evoluta, se prima il nemico era ben definibile in uno Stato, oggi abbiamo un nemico che non è ben distinguibile: 1. innanzi tutto spesso non è uno Stato ma un gruppo di combattenti che portano avanti operazioni di guerra relativamente nuove: attentati ad obiettivi civili all’interno dei Paesi a loro ostili, per promuovere una campagna del terrore; 2. il nemico non è solo al fronte, ma anche all’interno degli Stati, come lupi solitari pronti a sovvertire l’ordine democratico. In un mondo che presenta simili minacce e in cui il rischio per la popolazione è aumentato drasticamente, è doveroso per gli Stati occidentali difendere i propri interessi nazionali e tutelare la vita dei propri cittadini con tutti i mezzi, anche con la guerra. A chi ci invita a trovare delle soluzioni diverse dalla guerra, attraverso la mediazione e i negoziati, ricordiamo che oggi non è possibile dialogare con chi ci considera degli infedeli e non ha una cultura democratica come la nostra, basata sul rispetto della diversità.

CONTRARI
Siamo contrarie perché riteniamo che una guerra non sia mai giusta. Le guerre sono spesso causate non da interessi superiori come la salvaguardia dell’essere umano e dei suoi diritti, bensì da interessi economici, che non dovrebbero mai motivare una guerra. Perché gli Stati che dichiarano di combattere a causa delle violazioni dei diritti umani in alcuni Paesi del Medio Oriente non sono così solerti a difendere i diritti umani violati, anche maggiormente, in altre nazioni? La risposta è semplice: si combattono guerre soprattutto in difesa di interessi economici, la violazione dei diritti umani è una motivazione che, al giorno d’oggi, da sola, non muove una nazione alla guerra. La guerra porta esclusivamente dolore, distruzione, morte e violazione dei diritti fondamentali. Un Paese dopo una guerra impiega decenni a riprendersi e in questo periodo, come pure durante il conflitto armato, le persone vivono di stenti, fame e sofferenza. Quasi tutte le forze di un Paese sono investite negli armamenti, di conseguenza la popolazione ha meno risorse per la propria sopravvivenza e l’economia stagna e s’indebolisce. La guerra genera altra guerra, altri Paesi sono coinvolti nei combattimenti e i civili fuggono dal loro Paese e si presentano situazioni come quella che stiamo vivendo in questi anni di vero e proprio esodo del popolo siriano e iracheno verso l’Europa. Vorrei riportare una frase di Gino Strada, chirurgo e pacifista italiano, fondatore di Emergency, che bene illustra il nostro pensiero: “Nella guerra non c’è nulla di “umanitario” ma tanto, tutto, ‘contro’ l’umanità”. Siamo convinte che una guerra giusta non possa esistere a nessuna condizione. Presupponiamo che le condizioni sociali, economiche e culturali dei due Paesi coinvolti nel conflitto non siano per nulla simili, nasceranno inevitabilmente delle forze di contro-reazione, dei conflitti interni, e manifestazioni che possono compromettere tutti i buoni propositi che stavano a monte della dichiarazione di guerra. Come scrisse Lev Tolstoj, “la guerra è un avvenimento contrario alla natura e alla ragione umana” e rapisce le due parti in conflitto in un vortice senza fine, un circolo vizioso che dalla violenza fa nascere vendetta e dolore provocando effetti devastanti non solo su coloro che hanno scatenato la guerra, effetti che purtroppo tutt’oggi non sono controllabili da nessuno. Inoltre per combattere in guerra bisogna necessariamente distaccarsi da quei valori che invece dovrebbero essere propri di ogni uomo. Come può quindi essere giusto che bambini nascano in una società che non crede nemmeno più nella libertà o nell’amore? Ai giorni nostri vi sono persone convinte di voler intraprendere una guerra giusta, ma si tratta sempre e solo di guerre che si possono ipotizzare giuste ma non realizzabili senza diventare ingiuste. Noi riteniamo che l’essere umano e gli Stati dovrebbero utilizzare tutte le risorse legate alla parola, quindi ricorrere alla mediazione e ai negoziati per risolvere le divergenze e le controversie politiche, economiche e sociali, senza dare voce e corpo alla forza e alla violenza. Riprendiamo, in chiusura, il tema dei diritti umani, poiché la difesa dei diritti umani a noi pare essere l’unica argomentazione che potrebbe eventualmente avvicinarsi a una buona ragione per dichiarare una guerra giusta. In realtà non esiste però un’unica concezione di diritti umani. A quali condizioni quindi tutte le parti in causa direbbero che uno di essi è stato violato? E ancora, come possiamo difendere i diritti umani violando altri diritti umani? Crediamo quindi che la guerra per i diritti umani sia una giusta causa di guerra, ma la guerra non è il giusto mezzo per tutelare i diritti umani.

 

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