Archivio

Paesi Bassi: vince il premier Rutte, arginato il populista Wilders. Così gli exit poll

(Patrick Post)
15 marzo 2017
|

L’Europa tira un sospiro di sollievo. La diga antipopulismo tiene, in Olanda. Così come aveva tenuto in Austria. I liberali di destra del Vvd di Mark Rutte vincono largamente le elezioni – secondo i primi exit poll – scacciando l’incubo di un’ascesa dei populisti islamofobi e anti-Ue di Geert Wilders, fino a qualche settimana fa in testa ai sondaggi. Jean Claude Juncker telefona subito al premier. E’ stato "un voto per l’Europa, un voto contro gli estremisti" gli dice il presidente della Commissione europea. E Rutte replica parlando ai suoi elettori di "una serata importante per tutta l’Europa: l’Olanda dopo la Brexit e le elezioni americane ha detto no al populismo". Poi celebra la partecipazione record come una "festa della democrazia".

D’altronde gli olandesi si sono mobilitati, per scongiurare la vittoria degli xenofobi nel paese che da almeno mezzo secolo è "il più tollerante d’Europea". Hanno scelto la stabilità e riconfermato Rutte per un terzo mandato. Ma hanno punito pesantemente i suoi alleati, i social-democratici del Pvda. Laburisti in salsa troppo liberale, i cui volti sono stati quelli di Frans Timmermanns (primo vice di Juncker) e Jeroen Dijsselbloem, ministro delle finanze e presidente dell’ Eurogruppo. Un ’falco’ troppe volte allineato all’austerità ispirata dal tedesco Schaeuble. I risultati della ’cura’ si sono visti nelle statistiche. Non nelle tasche della classe media e operaia olandese.

Pur perdendo 10 seggi rispetto alle elezioni del 2012, il Vvd di Rutte si aggiudicherebbe 31 dei 150 seggi in palio nella Camera Bassa degli Stati Generali d’Olanda (la denominazione ufficiale del Parlamento), l’unica a suffragio universale, mentre nel Senato siedono i rappresentanti delle assemblee provinciali. Al Pvv di Wilders 19 seggi (+4 rispetto al 2012). Sarebbe il secondo partito, sempre per gli exit poll, ma alla pari coi democristiani del Cda e ai liberali di sinistra del D66. Per i primi dati parziali però il Cda sarebbe davanti: 13,7% contro 13,5% del Pvv. Per fare il governo e raggiungere la maggioranza di 76, Rutte dovrà comunque fare i conti anche con i Verdi o offrire uno strapuntino ai laburisti. Il GroenLinks è il vero vincitore delle elezioni: con un boom storico gli ecologisti hanno quadruplicato rispetto al 2012 e per la prima volta sono il primo partito della sinistra. Risultato speculare a quello dei laburisti della Pvda, cacciati tra i ’cespugli’ con soli 9 seggi, ben 29 in meno rispetto a cinque anni fa.

Gli elettori "ci hanno dato ancora fiducia", hanno esultato i responsabili della campagna elettorale di Rutte. Ma anche Wilders ha voluto ringraziare i suoi: "Abbiamo guadagnato seggi, il primo obiettivo è raggiunto. E Rutte non si è sbarazzato di me", ha twittato.

Il risultato dimostra che la diga europea può tenere davanti allo tsunami del populismo nato dalla Brexit, rafforzato dall’elezione di Trump, sobillato da Putin e – nella sua versione più aggressiva – interpretato da Erdogan. Ma ci si è arrivati con una campagna elettorale dominata dall’agenda di Wilders. "Comunque vada, il genio della lampada del populismo non potrà rientrare nella lanterna", aveva infatti avvertito il platinato leader del Pvv davanti ai cameraman e ai fotografi di mezzo mondo, convocati per immortalare il suo voto alle 9 del mattino in una scuola della periferia occidentale dell’Aja. Stesso slogan lanciato da Nigel Farage dopo la Brexit. Il 53enne di Venlo, con nonna indonesiana che vuole cacciare "la feccia marocchina" dal paese, vive sotto scorta da oltre 10 anni. Per tentare l’assalto al governo ha presentato un programma di una sola pagina. "L’Olanda è la nostra terra", il titolo di sapore trumpiano. Nei 12 punti: bando del Corano, chiusura delle moschee, chiusura delle frontiere, dei centri di asilo, uscita dalla Ue (quindi anche dall’euro), oltre a misure acchiappa-voti come la riduzione degli affitti e l’eliminazione degli eccessi della sanità pubblica.

Ma proprio il primo mese del tycoon americano alla Casa Bianca (con cui si dice condivida finanziamenti da Israele e dalla destra ebraica americana) ha apparentemente gelato la maggioranza degli olandesi. Che hanno voltato le spalle in massa ai laburisti. Il risultato di stasera "è un graffio sulla nostra anima", ha commentato a caldo Sharon Dijksma, leader della campagna del partito. E’ stata invece festa nel quartier generale dei verdi guidati dal trentenne Jesse Klaver.

A mettere il turbo alla rimonta del premier uscente, lo scontro con la Turchia nell’ultimo weekend di campagna. Rutte ha potuto vestire i panni dello statista nella ferma ma misurata reazione alle furibonde accuse di Erdogan che, dopo aver dato della ’nazista’ alla Germania della Merkel, ha accusato l’Olanda di essere stata responsabile del massacro di Srebrenica.

Già prima che cominciasse la fase finale della campagna elettorale, tutti i partiti principali hanno ’sterilizzato’ Wilders, escludendo di poter fare coalizioni di governo col Pvv (che invece per i primi due anni dell’ultima legislatura aveva dato ’l’appoggio esterno’ a Rutte).

Rutte aveva definito il voto olandese i quarti di finale della partita contro il populismo, prima della semifinale in Francia e della finale in Germania. E anche se davanti a sé ha settimane se non mesi di trattative per formare una coalizione di governo, stasera ha regalato un sorriso a molti dei suoi colleghi in tutta Europa.

ATS/ANSA

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔