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Tante firme per Gobbi

Maggior burocrazia o meno, il numero dei frontalieri continua ad aumentare
(ti-press)
21 settembre 2015
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Il direttore del Di: ‘A riprova che si tratta di una decisione condivisa’. Ma la delegata lombarda sui rapporti col Ticino non ci sta. 

C’è poco da fare: che sia equa, che venga criticata, che crei mal di pancia politici o che soggiaccia a un mero intento propagandistico, l’iniziativa introdotta il 27 aprile scorso dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi è piaciuta. E a molti. A confermarlo, il successo trasversale raccolto dalla petizione lanciata il 4 agosto scorso dalla Lega dei Ticinesi a sostegno di una misura che, lo ricordiamo, impone a chiunque voglia ottenere un permesso B o G (per lavorare in Ticino) di esibire non solo il proprio casellario giudiziale ma anche il certificato dei carichi pendenti. Stando a quanto anticipato da RadioFiumeTicino sono già 5’000 le firme confluite in poco più di un mese in via Monte Boglia; almeno 2’000, invece, quelle che arriveranno nei prossimi giorni dalle principali sezioni comunali sparse sul territorio (all’appello mancano ancora Chiasso, Bellinzona, Locarno e Mendrisio). Più di 7’000, dunque, le firme sottoscritte a circa 15 giorni dalla chiusura della campagna di raccolta. I consensi giungono da imprenditori, impiegati, residenti e addirittura frontalieri: nessun partito escluso. «È la dimostrazione di quanto sto dicendo da tempo – dichiara Norman Gobbi a Rft –. Questa misura fa piacere e trova consenso sul territorio ticinese, non crea problemi ai diretti interessati, ma dà unicamente pensieri a Berna, Milano e Roma. Il fatto che le sottoscrizioni arrivino da persone di varia estrazione è un segnale che non va sottovalutato: è ora che Berna capisca che questa non è una mossa del consigliere di Stato Gobbi ma è una misura che il Ticino e i ticinesi vogliono e che deve essere considerata nell’ambito delle trattative, poiché in grado di tutelare gli interessi di tutti senza essere discriminatoria». Parole che convincono solo a metà la delegata per i rapporti Ticino-Lombardia Francesca Brianza. «Stiamo parlando di una misura che in questo momento può essere applicata quasi solo ai lavoratori italiani» dichiara all’emittente locarnese. «Pur essendo estesa a tutti i Paesi Ue/Aels, l’Italia è infatti uno dei pochi Paesi in grado di produrre la documentazione sui carichi pendenti. Questa cosa per me non è equa. Se una misura dev’essere adottata che venga estesa a tutti i frontalieri. In questo modo inoltre si va a certificare una situazione su cui ancora non pende alcun grado di giudizio, il che potrebbe penalizzare senza motivo molti lavoratori. In ogni caso – prosegue Brianza – penso che i rapporti fra Ticino e Lombardia vadano ben oltre questa contingenza. In questi ultimi mesi abbiamo rafforzato il nostro dialogo: qualche tempo fa è stata sottoscritta un’apposita intesa proprio per implementare le nostre collaborazioni». Ridimensionato dunque il ruolo della misura voluta da Gobbi nel quadro complessivo del dialogo fra Bellinzona e Milano, resta da capire come si concluderà l’iter della petizione. Settemila firme, a ben guardare, sono sufficienti per ‘alzare il tiro’ e lanciare un’iniziativa popolare legislativa o costituzionale. «Credo che in questo senso si sia già mossa la Commissione della legislazione del Gran Consiglio» chiosa Gobbi. A breve il parlamento si esprimerà sulla proposta di Maurizio Augustoni che chiede di estendere la misura anche agli altri Cantoni. Il direttore del Dipartimento delle istituzioni è ottimista: «Il parlamento è con me».

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