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La linea nera che segna la via

9 maggio 2015
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Terra dalla consolidata tradizione natatoria (un nome su tutti, Flavia Rigamonti), il Ticino anche in questi anni è prodigo di talenti che si destreggiano con successo a livello nazionale e che sembrano destinati a una carriera interessante anche in ambito internazionale. Ma quanti sacrifici, per provare a emergere.
Ore e ore «con la testa in acqua e gli occhi puntati sulla linea nera dipinta sul fondo della piscina», per usare un’affermazione cara a Domenico Fioravanti, duplice campione olimpico a Sydney 2000, uno che di vasche ne ha nuotate tante, ma tante.
Il suo nome evoca l’acqua, ma come pericolo dal quale fuggire. Noè Ponti, invece, con l’acqua ha un rapporto che è tutto fuorché tormentato. Non che tutto sia sempre filato liscio, come ricordano papà Mauro e mamma Vittoria, quando, con il sorriso sulle labbra dovuto alla piega nel frattempo presa dagli eventi, spiegano che, a un certo punto, a 6 anni il piccolo Noè non ne voleva più sapere di andare in piscina. Salvo poi “redimersi”, in nome di chissà quale forma di vocazione, per diventare il giovane in assoluto più promettente del panorama natatorio cantonale e nazionale. Con tempi in linea con i migliori riferimenti a livello internazionale.
Un predestinato, sempre a giudizio di chi ne cura gli allenamenti e lo sviluppo, che prosegue a suon di vittorie e di record nazionali, dei quali fa incetta. «Un ragazzo che ha tutto, ma proprio tutto, per diventare qualcuno: tecnica, talento e soprattutto la testa giusta». È l’analisi condivisa dagli allenatori della Nuoto Sport Locarno, la società di Noè. Tra questi c’è Massimo Baroffio, classe 1965, professione allenatore frontaliere, avanti e indietro dalla zona tra Varese e Como e il centro sportivo di Tenero, in nome di una passione che dura ormai da 25 anni. Percorso atipico, il suo. Un passato da sportivo, ma non da nuotatore. Ha abbracciato il nuoto per caso. Salvo poi farne una professione. Nel 2015 festeggia i 20 anni di appartenenza alla Nuoto Sport Locarno. «Vi giunsi nel 1995 – ricorda –. La società rinasceva, e lo faceva con cinque atleti, un presidente, una segretaria e il sottoscritto. Risposi a un annuncio della “Prealpina”. Ne abbiamo fatta, di strada, da allora».
Su quella strada, ricorda “Max”, tanti allievi e tanti talenti. Mai nessuno però, con le caratteristiche che fanno di Noè Ponti un predestinato della disciplina. «Predestinato è un termine appropriato – conferma Baroffio –. Ha tutto, al momento, per riuscire. A giugno compie 14 anni, è giovanissimo ed è presto per trarre giudizi definitivi. Però ne ho visti pochi, così. Riassume le doti migliori di tutti i talenti che ho conosciuto o assistito negli ultimi anni: fisico, determinazione, talento, testa, supporto della famiglia. Condensa tutte le doti necessarie. Sta a lui e a chi lo circonda – famiglia, allenatori e società – continuare con la determinazione che ci sta mettendo. I presupposti ci sono tutti, è un dato oggettivo. Non lo dico io che sono il suo allenatore: lo dice chiunque lo veda nuotare».
Un talento ancora ai margini dei quadri nazionali – ma solo per una questione anagrafica (nei quadri Jugend si entra a 15 anni) – che a 14 anni ancora da compiere ha già molti occhi puntati addosso. «Le sue gare – ricorda Stefano Minotti, della Turrita Nuoto – sono veri e propri eventi. I giovani corrono a vederlo. Mi è capitato più volte di sentire ragazzi – anche ragazzi italiani – che chiamano a raccolta i colleghi perché “c’è Noè che scende in acqua”. Non saprei come definirlo, se non “predestinato”. A vederlo all’opera diventa anche difficile pensare che abbia 14 anni. Si comporta come un vero atleta».
Ma è un ragazzino, che vive la sua situazione con grande naturalezza. «Sta molto bene con tutti – rincara Baroffio – sia all’interno della squadra che con i compagni e i colleghi d’oltralpe. Li cerca, ha voglia di confrontarsi. L’acqua è il suo ambiente naturale. Quando entra in acqua sta talmente bene che riesce a trovare se stesso, a esprimere tutto se stesso».
Il talento, da solo, non basta. Il nuoto a livello agonistico presuppone una determinazione e una forza di volontà fuori dal comune. Con i ragazzi sono esigente ma cerco di ottenere i risultati non attraverso le urla, che limitano la comunicazione, bensì responsabilizzandoli. Cerco di trasmettere loro la consapevolezza. Devono essere consapevoli di quello che stanno facendo e del perché lo fanno. Il nuoto ad alti livelli non è per tutti. Attorno ai 12 ai 13 anni si nuota 6 volte alla settimana, poi il carico aumenta. Affinché un ragazzo stia al passo, o è molto determinato, convinto e, appunto, consapevole, oppure diventa difficile resistere a lungo».

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