Svizzera

Dopo il voto sulla caccia è valzer di reazioni

Se Gysin (Verdi) è 'molto soddisfatta' e spera 'in un cambio di paradigma', Regazzi (Ppd) è 'preoccupato'. E dice: ‘Spero che non ci arrivi una fattura salata'

Keystone
27 settembre 2020
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I lupi possono tirare un sospiro di sollievo. Il no alla revisione della legge sulla caccia ha vinto con il 51,9% dei voti. All’inizio del lungo pomeriggio di passione, il risultato definitivo è arrivato quasi alle 17, a prevalere, seppur di poco, sembravano i favorevoli. Ma nel corso dello spoglio gli esperti dell’Istituto gfs.bern hanno notato una tendenza viepiù favorevole dei contrari, che si è tradotta nell’esito finale. Sia in Ticino sia nei Grigioni il testo è stato accettato, rispettivamente con il 51,45% (partecipazione al 60,25%) e il 67,3% (partecipazione al 61,99%) dei voti. Non è però bastato, con chiari no che sono arrivati dai grandi centri urbani, come a Basilea Città (63,90%), Ginevra (63,06%), Berna (60,30%) e Zurigo (58.63%). La legge attualmente in vigore risale al 1986, quando non erano presenti lupi sul territorio elvetico. Da allora, la popolazione di questi animali è cresciuta costantemente. Il nuovo testo si poneva come obiettivo quello di regolare la coabitazione fra l'uomo e il grande predatore permettendone, in alcuni casi, l'abbattimento.

Un buon compromesso

La consigliera federale Simonetta Sommaruga aveva fin da subito etichettato la legge come “un buon compromesso”. Il lupo sarebbe infatti restato una specie protetta, con però la possibilità di controllarne la popolazione. Il tutto avrebbe potuto portare a una diminuzione dei conflitti. Sempre secondo Sommaruga, la revisione teneva conto degli interessi in gioco, dando ai Cantoni strumenti moderni per regolare la presenza del grande predatore. I fautori del testo hanno ovviamente l'amaro in bocca. Secondo Nina Gansner, della rivista “Schweizer Jäger”, si votava su una legge ben fatta, ma purtroppo si è parlato quasi solo del lupo, che evidentemente ha attirato le simpatie dei cittadini.

Uccisi solo perché esistono

Comprensibilmente non sono dello stesso avviso, invece, le associazioni ambientaliste che hanno promosso il referendum, le quali nel corso della campagna hanno parlato di una legge sbagliata e inaccettabile. La riforma, a loro dire, avrebbe in effetti indebolito la protezione di specie minacciate. Queste associazioni hanno più volte sottolineato il fatto che con l'accettazione del testo gli animali protetti avrebbero potuto essere abbattuti semplicemente perché esistono. Se lupi, castori o linci avessero disturbato agricoltori, cacciatori o politici, avrebbero potuto essere uccisi senza aver provocato alcun danno. Soddisfazione per il risultato odierno è stata espressa da Urs Leugger-Eggimann, segretario generale di Pro natura. Ai microfoni di Srf, ha dichiarato che l'organizzazione ambientalista rimane aperta al dialogo: “Siamo convinti che gli agricoltori possano convivere con lupi e linci e che si possa trovare un punto di incontro”, ha detto facendo appello a un'attitudine pragmatica. Il consigliere agli stati zurighese Daniel Jositsch (Ps), pur ammettendo che il problema del conflitto fra lupi e agricoltori va comunque affrontato, ha parlato di un testo che si spingeva troppo oltre. A suo dire, è possibile trovare una soluzione sensata che possa risolvere il problema.

Le reazioni in Ticino

«Estremamente soddisfatta per l’esito del voto» è la consigliera nazionale dei Verdi Greta Gysin, che da noi interpellata afferma di essere «molto sollevata dal fatto che questa revisione di legge sia stata bocciata. La maggioranza degli svizzeri ha detto chiaramente che non è disponibile ad andare incontro a soluzioni che non risolvono niente nell’ambito della convivenza con i predatori, anzi, che mettono a repentaglio la biodiversità e la protezione delle specie». 

Quello di oggi sulla caccia è un voto che si inserisce nel discorso di cambio di paradigma rispetto ai rapporti con la natura che spesso invocano i Verdi? «Penso e spero di sì, è possibile che la società stia cambiando. L’esito delle votazioni di oggi, non solo in merito alla revisione della caccia ma penso anche al buon risultato comunque ottenuto sugli aerei da combattimento, ce lo fanno augurare. Continuiamo a lavorare». Speranza, questa, ripresa anche dal comunicato stampa dei Verdi del Ticino a commento della tornata di votazioni. In merito alla revisione della legge sulla caccia il movimento “è felice che la popolazione abbia rifiutato questo attacco contro la protezione delle specie. Il no apre la strada a una regolamentazione proporzionata del lupo, senza indebolire la protezione delle numerose altre specie animali minacciate, ma al contrario rinforzandola”. Inoltre, per i Verdi “la protezione delle greggi e il relativo finanziamento devono essere rinforzati per facilitare la coabitazione degli animali selvatici e dell’agricoltura”.

Non nasconde alla ‘Regione’ la propria delusione il consigliere nazionale Ppd e presidente della Federazione cacciatori ticinesi Fabio Regazzi, secondo il quale «purtroppo, ancora una volta, i centri urbani hanno imposto la loro visione del territorio alle zone periferiche. Non è la prima volta e non sarà l’ultima, è un dato significativo di cui bisognerà tenere conto». Insomma, «ormai sono sempre più le zone urbane che definiscono i temi che riguardano tutto il territorio, lo abbiamo già visto con la votazione sulle residenze secondarie. Le regole della nostra democrazia prevedono che i voti vengano contati e non pesati, ma i Cantoni più direttamente toccati dal problema hanno votato tutti sì. Alcuni con maggioranze schiaccianti». Per Regazzi «questa è una lotta impari. Grandi centri come Zurigo, Ginevra o Sciaffusa hanno ribaltato il risultato e fa un po’ male, è una lotta impari. Questa contrapposizione rischia di esacerbare questo scontro, che sta diventando tale, tra zone urbane e periferiche, rurali e alpine».

Detto questo, «adesso si resta con la legge attuale che, in barba a quanto hanno detto e propagandato gli altri, afferma come il lupo può essere abbattuto e che la maggior parte delle specie indicate, come le lepri, sono ancora cacciabili. Ma non mi faccio illusioni». Nel senso che, prosegue il consigliere nazionale popolare democratico, «presto o tardi arriverà la fattura. Temo che alla prossima revisione di legge, che bisognerà comunque prima o poi affrontare, ci saranno restrizioni ancora più evidenti da parte del fronte ambientalista e protezionista su certe attività della caccia. La mia preoccupazione è questa, anche se per fortuna loro si aspettavano una vittoria molto più chiara. Un esito deciso da poco più di 100 mila schede magari presenterà una fattura meno salata. Ma arriverà».

Ad ogni modo, Regazzi è «comunque contento del risultato ottenuto in Ticino. Anche qui c’è stata una campagna molto aggressiva da parte del fronte referendario. Eppure una città come Lugano ha votato, seppur di stretta misura, a favore. E il Cantone, anche se non in modo chiarissimo, ha accettato la revisione andando al di là delle mie previsioni e aspettative». L’auspicio finale del presidente della Fcti è che «abbiamo lanciato un segnale, come Ticino. Spero che di questo a livello federale se ne terrà conto quando torneremo a discutere di questo tema».

Nemmeno il Plr è soddisfatto per l’esito del voto. In una nota stampa i liberali radicali scrivono che “si è persona una buona occasione per dotare la Svizzera di una legge progressista che avrebbe garantito più sicurezza per gli animali, la natura e l’uomo con una maggior responsabilizzazione dei Cantoni. Non a caso la legge era sostenuta soprattutto da chi vive tutto l’anno a contatto con la natura, ma è stata respinta in primis dalle realtà urbane. Si tratta di un dossier a cui la politica dovrà tornare a mettere mano”.

Per l’Udc questo voto contrario “è deplorevole”, perché la revisione di legge “avrebbe migliorato in ugual misura la protezione degli animali, il territorio e gli esseri umani”.

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