Commento

Ti vendo armi ma deve restare un segreto

Solo la legge sulla trasparenza infrange il muro granitico della discrezione elvetica dei funzionari che rifiutano di dire chi esporta pistole e fucili

(foto Ti-Press)
19 aprile 2018
|

Gli affari si fanno e non se ne parla. Soprattutto se si tratta di armi la discrezione elvetica è granitica: sapere quale azienda esporta armi, quale tipo e verso quale Paese diventa un percorso ad ostacoli. I funzionari si irrigidiscono e diventano muri di gomma. Eppure non sembrerebbe un segreto di Stato sapere dall’amministrazione federale chi vende armi e a chi. Soprattutto per un Paese neutrale, che spesso fa da mediatore internazionale e soprattutto in un periodo così carico di conflitti.

Ebbene, c’è voluta una sentenza del Tribunale amministrativo federale per aprire i cassetti della Segreteria di Stato dell’economia (Seco) ed obbligarla a più trasparenza. La Seco dovrà fornire a un giornalista della ‘Wochenzeitung’ la lista delle società residenti in Svizzera che nel 2014 hanno fatto richiesta di esportazione di materiale bellico.

La motivazione di un primo rifiuto era tirata per i capelli: la pubblicazione di tali informazioni, per i funzionari, avrebbe potuto irritare degli Stati in questione e peggiorare le relazioni bilaterali della Svizzera. Una giustificazione che non ha tenuto perché l’interesse per l’informazione pubblica sulle controverse esportazioni di armamenti (che necessitano di un permesso) ha prevalso sul presunto rischio per le relazioni bilaterali della Confederazione. In realtà, qui ci sembra si stessero tutelando soprattutto gli affari!

La Corte federale ha inoltre ricordato il ruolo dei media che danno un contributo notevole al controllo dell’attività dell’amministrazione. Media come cani da guardia di chi gestisce il potere e della democrazia ma che spesso restano fuori dalla porta, in attesa sullo zerbino. Eppure i motivi per fare domande ci sono, come dimostrano diversi recenti scandali: dai sussidi eccessivi (ben 78 milioni!) incassati indebitamente da AutoPostale ai rimborsi e benefit percepiti con una base legale traballante dal 1999 dai consiglieri di Stato ticinesi e dal cancelliere, dal caso Argo ai permessi falsificati.

Più occhi vigilano, meglio è per tutti. Ci aiuta la legge federale sulla trasparenza che consente a ciascuno (non solo ai giornalisti!) l’accesso ai documenti ufficiali al fine di contribuire all’informazione del pubblico.

La realtà è che varie amministrazioni tengono i loro dossier sigillati anche quando dovrebbero aprirli. Ciascuno può far valere i propri diritti sollecitando quella trasparenza che altrimenti rischia di restare solo un articolo di legge. L’iter può essere lungo e scoraggiare alcuni, ma vale la pena provarci, perché solo così cambierà la mentalità di tanti funzionari.

Lo abbiamo fatto nel 2013 vincendo un braccio di ferro con il Cantone sulla trasparenza degli enti pubblici. Avevamo chiesto a dieci Comuni e al Cantone di visionare la lista delle commesse pubbliche. Il risultato? Ben poco ‘trasparente’. In particolare per quanto riguardava la lista cantonale che allora era visionabile solo per due settimane l’anno recandosi fisicamente in un ufficio a Bellinzona. Quando abbiamo domandato di poterla visionare al di fuori di quel lasso di tempo, ci è stato risposto picche. Per ‘forzare’ il governo, ‘laRegione’ si è rivolta alla Commissione di mediazione indipendente. È stata riconosciuta la necessità di una maggiore trasparenza e di conseguenza il governo è stato invitato a modificare il Regolamento.

Oggi la lista delle commesse, una volta approvata in Gestione, è visionabile tutto l’anno. Piccoli passi verso una maggiore trasparenza e salute delle istituzioni. 

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔