Economia

Falliscono anche i jeans: Rifle porta i libri in tribunale

Il 55% del marchio fiorentino era in mano a una società svizzera di investimenti. Un centinaio gli addetti fra quartier generale a Barberino di Mugello e negozi monomarca.

Etichetta addio?
4 ottobre 2020
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Il Tribunale di Firenze ha dichiarato il fallimento di Rifle, uno dei nomi storici del jeans mondiale, fondato nel 1958 dai fratelli Giulio e Fiorenzo Fratini che scovarono in North Carolina, nella fabbrica della Cone Mills, la tela denim destinata a fare la loro fortuna. Rifle – come ha riportato il portale economico 'ilsole24ore.com' – ha vestito milioni di consumatori, diventando un marchio-simbolo della moda italiana e non solo. Da tempo l'azienda che ha sede a Barberino di Mugello, in provincia di Firenze, era in difficoltà, alla ricerca di una strategia di rilancio che sembrava delineata nel giugno 2017, quando Sandro Fratini, figlio del fondatore Giulio, aprì il capitale (44%) alla società svizzera di investimenti Kora, salita in maggioranza (55%) l'anno successivo. Alla guida di Rifle arrivò Franco Marianelli, ex Guess Italia e Gas jeans, e ben presto la famiglia Fratini, pur mantenendo una quota di minoranza, lasciò tutte le cariche sociali. Il bilancio 2018 si è chiuso con 16 milioni di fatturato e una perdita di 3,3 milioni.

Gli ultimi sussulti dell'azienda sono stati la presentazione, nel maggio scorso, della domanda di concordato in continuità al Tribunale di Firenze e la richiesta di aiuto avanzata dai sindacati alla Regione Toscana, che ha aperto un tavolo di crisi. L'atteso piano di rilancio e di ristrutturazione del debito non c'è stato, ed è arrivato il fallimento. Ora si spera nella “resurrezione” attraverso la vendita all'asta. «Il tribunale ha disposto l'esercizio provvisorio per 45 giorni – spiegano Alessandro Lippi della Filctem-Cgil e Gianluca Valacchi della Femca-Cisl che stanno seguendo la vicenda – e, appena sarà nominato ufficialmente il curatore fallimentare, chiederemo un incontro per esaminare la situazione e cercare di dare un ulteriore sostegno economico ai dipendenti che ora sono in cassa integrazione Covid-19». I 96 addetti, che lavorano nel quartier generale e nei negozi monomarca italiani, sono in allarme. «Cercheremo di verificare tutte le possibilità di salvaguardia occupazionale – aggiungono i sindacati – qualora ci fossero manifestazioni di interesse per il marchio e quindi per l'attività aziendale».

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