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I partiti e l’immigrazione

La politica deve avere il coraggio di misurarsi su un tema sfidante, senza cedere alla tentazione di facili "slogan". Integrazione lavorativa e sociale dei cittadini migranti, complessità della gestione dell’immigrazione e coraggio della politica, equilibrio demografico, previdenziale ed economico del Continente. Sono questi gli elementi-chiave che i partiti devono affrontare con serietà senza demagogia, ovvero stimolare le forze politiche a un diverso e più realistico approccio su un tema che assume ancora più rilevanza nell’attuale scenario di forte incertezza geopolitica. Per guardare avanti e riflettere sulle reali capacità di attrarre immigrati di un Continente dove si registra un inesorabile declino demografico. "Siamo di fronte a una grossa sfida dovuta al calo demografico". La componente fondamentale è però l’immigrazione, che si presenta sotto due aspetti: la pressione migratoria dall’estero e il numero di immigrati che possiamo effettivamente accogliere. In questo periodo di elezioni i partiti sono invitati ad affrontare la questione dell’immigrazione senza lasciarci scivolare alla tentazione di cadere in facili slogan e nella propensione a dividersi in "noi e loro". Se da un lato l’Europa è stata costruita sull’assunto di superare le differenze culturali tra Germania, Francia, Italia, dall’altro potrebbe collassare per l’incapacità di gestire le differenze culturali tra europei e migranti. "Il mondo occidentale sta entrando in una sua nuova fase, quella dell’indebolimento della popolazione in età attiva". Si tratta di sfide da considerare integrate e da gestire in modo sistemico, da un lato l’immigrazione è un fattore rilevante per rispondere agli squilibri demografici, d’altro lato non possiamo pensare di attrarre immigrati senza sviluppo economico e integrazione lavorativa e sociale. Inoltre, sia lo sviluppo economico che l’integrazione rimangono deboli se non migliora anche l’occupazione giovanile e femminile. Se non entriamo nel merito delle motivazioni che spingono le persone a spostarsi, della dimensione socioculturale, non andremo molto lontano. È in atto una globalizzazione delle idee e delle culture che porta anche nei luoghi più emarginati una consapevolezza di appartenere a una comunità globale. L’alternativa sarebbe quella di contribuire a far crescere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla necessità di avviare questa riflessione, partendo dalla cooperazione e dal dialogo reciproco multilaterale.

Quale movimento e quale dirigente saranno capaci di sfruttare l’energia popolare e i punti di forza del Continente, affinché l’Africa diventi veramente attore del proprio destino? Dopo secoli di dominazione, l’Africa saprà diventare indispensabile a sé stessa?

 

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