Pensiero

Il bell'inganno: miti e bugie nel mondo della cosmetica

Niente ricerca scientifica indipendente e scarsa regolamentazione sono i problemi della cosmetica, spiega Beatrice Mautino, autrice di 'Il trucco c'è e si vede'

6 febbraio 2018
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No, usare il rasoio non porta ad avere peli più folti e spessi. E quel numerino che troviamo sulle creme solari non indica quante volte in più del solito possiamo esporci al sole prima di scottarci; i parabeni che troviamo in molti cosmetici non sono così pericolosi come alcuni temono e come è anche lecito sospettare trovando prodotti che vantano di non contenerne. Sono alcune delle tante credenze infondate – su cui magari si costruiscono dei veri e propri inganni – che troviamo nel mondo della cosmetica. Un mondo vasto, tra prodotti commerciali e soluzioni fai da te, e non esclusivamente femminile (deodoranti e creme li usano tutti, per non parlare dei dopobarba), che la biotecnologa e divulgatrice scientifica Beatrice Mautino ha esplorato in ‘Il trucco c’è e si vede’, da poco pubblicato per ChiareLettere.

In passato si è occupata di medicina, con un ebook sul caso Stamina, poi di agricoltura e alimentazione in ‘Contro natura’ scritto con Dario Bressanini. E adesso i cosmetici…
E prima ancora mi ero occupata di misteri, con una guida scientifica all’indagine dei fenomeni inspiegabili scritta con Stefano Bagnasco e Andrea Ferrero… la risposta sincera è che mi annoio velocemente!
In realtà, è stato proprio leggendo articoli scientifici sull’alimentazione che ho trovato paragoni con il mondo della cosmetica. Alcune dinamiche, come i prodotti ‘senza’ qualcosa o gli ingredienti magici, sono proprio le stesse e così ho iniziato a indagare. E ho scoperto che, a differenza del mondo dell’alimentazione dove forse con un po’ di fatica la si trova, in quello della cosmetica praticamente non c’era informazione critica. Si legge di tutto, soprattutto un sacco di pubblicità ma informazione critica praticamente niente. E così mi sono messa al lavoro, e ho presto capito perché…

Cioè?
La letteratura scientifica, soprattutto se paragonata a quella sull’alimentazione, è poca. E non è per niente indipendente: le ricerche sono quasi tutte finanziate o commissionate dalle case produttrici. Del resto, la ricerca pubblica deve darsi delle priorità… Il risultato è che quando devi parlare di efficacia di un prodotto – non di sicurezza, ma di efficacia – è impossibile trovare informazioni soddisfacenti.

Oltre all’assenza di ricerca indi­pendente, c’è altro che caratterizza il mondo della cosmetica?
La pubblicità è molto meno regolamentata, non solo rispetto alla farmaceutica – non puoi magnificare l’efficacia di un farmaco se questo non ce l’ha –, ma anche al settore alimentare dove ci sono più controlli. La cosmetica è un po’ terra di nessuno: c’è una legislazione sulla sicurezza che garantisce il consumatore, ma sulla pubblicità manca una regolamentazione che ad esempio obblighi le aziende a sostanziare le affermazioni.
Si sta discutendo di rivedere la normativa a livello europeo, ma al momento sulle confezioni si può scrivere praticamente di tutto, nonostante le linee guida e il rischio di sanzioni. Sarebbe ad esempio proibito scrivere “senza parabeni”, perché si tratta di un ingrediente autorizzato, ma di fatto lo fanno tutti…

Quello del ‘senza’ è una bella strategia di marketing, perché è ovvio che se leggo ‘non contiene x’, immagino che quel x sia pericoloso…
Infatti è proibito a livello pubblicitario, perché scredita quell’ingrediente e quindi i prodotti che lo contengono.

Restando a livello pubblicitario, è interessante notare l’ambivalenza della scienza: a volte è la soluzione a un problema, altre volte è essa stessa il problema, da risolvere tornando a pratiche più naturali…
Non è diverso da quello che succede in altri campi: anche nella medicina avviene una cosa simile. Nel libro cito Massimiano Bucchi che parla di “scienza prêt-à-porter”: mi tengo quello che mi serve e mi piace e butto via tutto il resto. Magari diffido delle grandi industrie, ma poi compro il prodotto con un determinato ingrediente che percepisco come una innovazione utile… In generale, a quello che è percepito come “curativo” – quindi antirughe, anticellulite… – si prediligono prodotti con ingredienti “magici”; per la cura normale del corpo, quindi shampoo o creme idratanti, non c’è bisogno di cose particolari e c’è la rincorsa alla natura e al “meno ci metto meglio è”.

Quale è stata la scoperta più inaspettata fatta lavorando a questo libro?
Sicuramente il mercato: non sapevo nulla della produzione dei cosmetici e scoprire l’esistenza di queste aziende terziste che producono per tutti – e quindi hai prodotti molto simili venduti con marchi differenti e a prezzi molto diversi – mi ha aperto gli occhi. Ho capito che il prezzo ha poco a che vedere con la qualità degli ingredienti ma viene stabilito in base a parametri commerciali. Il che se vogliamo è banale e avviene in moltissimi altri settori, ma non avevo mai pensato ai cosmetici.
Questa la scoperta più sorprendente. Poi ci sono state tante piccole cose che non immaginavo, come i vari claim tipo “dermatologicamente testato” che credevo avessero una base solida, e invece…

C’è stato qualche argomento a malincuore non inserito nel libro?
Ho volutamente tenuto fuori tutti i discorsi sull’alluminio: è uno dei temi su cui più si discute. Stavo aspettando uscisse un parere definitivo del Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori, ma non è arrivato e volevo evitare di scrivere qualcosa di provvisorio. Poi mi è spiaciuto tantissimo lasciare fuori la parte sui profumi, visto che ho fatto un dottorato in neuroscienze sull’olfatto, ma per farlo bene avrebbe preso troppo spazio. Essendo il primo libro che parla di cosmetici in questa maniera, ho dovuto affrontare i temi in modo abbastanza approfondito. Il progetto originario prevedeva molti più argomenti trattati in maniera più superficiale, ma così facendo sarebbero mancate le basi…

Il lettore tipo del libro chi è?
Dai messaggi che ricevo, tante donne e diverse “addette ai lavori” come estetiste e parrucchiere, che non pensavo leggessero un saggio scientifico. E poi anche molte persone del giro “ecobio” che mi ringraziano perché finalmente riescono a trovare informazioni per fare scelte sostanziate. Non la pensiamo allo stesso modo, ma apprezzano informazione che non sia pubblicitaria.

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