Ticino

Impianti idroelettrici, il Cantone si prepara a riacquisirli

Le prime concessioni scadranno nel 2035, ma già nei prossimi anni bisognerà attivarsi. Il Dfe immagina di coinvolgere anche al Cassa pensioni dello Stato

7 dicembre 2019
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È un tema che toccherà la politica dei prossimi decenni, ma già nei prossimi mesi bisognerà gettare le basi giuridiche e finanziarie per permettere al Ticino di tornare pienamente proprietario delle acque o meglio degli impianti idroelettrici attualmente in concessione alle grandi partnerwerk d’oltre San Gottardo. Il Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe), titolare del dossier idroelettrico, sta già mettendo le mani avanti o meglio – come ci dichiara il consigliere di Stato Christian Vitta, direttore del Dfe – sta delineando la strategia per concretizzare la riversione degli impianti, le cui concessioni giungeranno a scadenza: le prime a partire dal 2035 e le ultime nel 2048. «Certo, sulla carta c’è ancora molto tempo, ma delle decisioni da parte del Cantone dovranno essere prese molto prima, probabilmente già dal 2022», ci risponde Vitta che intende valutare il coinvolgimento di più attori pubblici cantonali in questa operazione. «Oltre all’Azienda elettrica ticinese e allo stesso Cantone, potrebbe essere un’ipotesi da approfondire anche il coinvolgimento della cassa pensioni dello Stato. È tutto in divenire, dovremo approfondire con i potenziali attori», continua Vitta che precisa che «tocca agli attuali concessionari chiedere un prolungamento delle concessioni. A quel punto – come previsto già dall’attuale legge sull’utilizzazione delle acque (Lua) – sarà il Cantone tramite il Gran Consiglio a esprimersi in merito». «Ma la strategia è già tracciata», commenta il direttore del Dfe. «L’energia idroelettrica è diventata un vettore molto interessante, anche alla luce del prospettato abbandono del nucleare a livello nazionale. È un’energia pulita, di produzione locale e ha il vantaggio di essere modulata nell’arco dell’anno».

Tutto questo però avrà dei costi. Come farvi fronte?

Ecco, su questo fronte dovremo immaginarci come muoverci. C’è il Cantone, l’Aet, ma posso immaginare anche altri attori istituzionali come la cassa pensioni dello Stato che potrebbe essere interessata a un investimento con un buon rendimento e che permetterà una diversificazione. Ma oggi sono ancora discorsi prematuri. Ad ogni modo esercitare il diritto di riversione ci permetterà di salvaguardare e consolidare un’attività storica, mantenendo i centri di competenza e garantendo l’approvvigionamento energetico del Cantone sicuro e rinnovabile. E questo a beneficio dell’economia e delle famiglie ticinesi. È però prematuro fare delle cifre sui costi oggi.

I beni che verranno ripresi (dighe, turbine, gallerie eccetera) hanno un valore miliardario...

A fronte di beni con un valore importante, l’impegno finanziario sarà molto ridotto anche perché tutte le cosiddette parti bagnate delle centrali, come le gallerie e le turbine saranno restituite interamente ammortizzate. Ci sarà un valore residuo sulle parti elettriche con criteri di ammortamento normale.

C’è poi la questione dell’eventuale innalzamento delle dighe.

Alzando di pochi metri gli attuali sbarramenti si otterrebbe più riserva idrica da utilizzare nei periodi più critici come l’inverno. Ma le procedure per aumentare la capacità sono lunghe e per nulla semplici anche dal punto di vista tecnico. È giusto che si affronti anche questo tema per capire se c’è un margine di intervento.

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