Scienze

Vita artificiale, 3.0

Syn 3.0
24 marzo 2016
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Il sogno della vita sintetica non è mai stato così vicino a concretizzarsi: dopo oltre 20 anni di esperimenti il pioniere delle ricerche sulla vita costruita in laboratorio, Craig Venter, ha ottenuto l'essere vivente con il più piccolo dei Dna: è un batterio che contiene appena 473 geni, ognuno dei quali svolge una funzione indispensabile alla vita. Una sorta di kit di sopravvivenza comune a tutti gli esseri viventi, con le informazioni essenziali a tramandare la vita. Meno di così, non si può (almeno finora).

Descritto sulla rivista 'Science', il batterio sintetico si chiama Syn 3.0 e permetterà di studiare le funzioni della vita con un dettaglio mai raggiunto finora. Il risultato, diciamo  a un terzo livello, apre anche la strada alle prime applicazioni della vita artificiale: su questo kit di base comune a tutti i viventi sarà possibile in futuro innestare specifiche funzioni per ottenere batteri con specializzazioni particolari, come produrre biocarburanti o bonificare terreni e acque contaminati.

L'istituto in cui è stato ottenuto il batterio, in California, è lo stesso fondato e diretto da Craig Venter e porta il suo nome: "Craig Venter Institute". Qui da anni la parola d'ordine è considerare la cellula come "l'unità fondamentale della vita" e il suo genoma come "il suo sistema operativo", ossia come il codice che contiene le istruzioni per le funzioni della cellula: la sua chimica, la struttura, il meccanismo con cui si replica. 

Per i ricercatori, guidati da Clyde Hutchinson, "ogni genoma contiene le istruzioni per le funzioni universali comuni a tutte le forme di vita" e trovare questa sorta di Sacro Graal della biologia è stato il loro obiettivo. Lo hanno raggiunto lavorando anno dopo anno sullo stesso batterio sul quale, all'inizio degli anni 2000, avevano condotto le prime ricerche, il Mycoplasma mycoides, o SYn 1.0, nella versione sintetica ottenuta nel 2010. Sei anni fa infatti Venter aveva annunciato di aver sintetizzato e assemblato cellule in grado di auto-replicarsi, cioè in un organismo con un genoma trapiantato.

I ricercatori hanno diviso il Dna del batterio, composto da 901 geni, in otto sezioni, ognuna delle quali è stata "etichettata" in modo da renderla facilmente riconoscibile rispetto alle altre. Hanno quindi cominciato a comporre queste tessere di Dna in centinaia di "mosaici" genetici diversi, eliminando ogni volta quelle che non avevano un legame con funzioni essenziali alla vita. È stato un lavoro di pazienza, nel quale si sono ripetuti centinaia di tentativi, e alla fine sono rimaste solo le tessere importanti per la sopravvivenza: il programma alla base della vita. Organizzandole in un unico genoma si è ottenuto Syn 3.0, il vivente con un Dna minimo composto da 473 geni.

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