Commento

Una prova di maturità

(Francesca Agosta)
9 novembre 2017
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La democrazia ha risorse a volte insperate. Con coraggio e determinazione come non mai in questa legislatura, una forte maggioranza parlamentare lunedì ha argomentato e votato per ridare credibilità alle istituzioni ticinesi fortemente sotto pressione per palese “imbarazzo” governativo (detta meglio, immobilismo ingiustificato). Varando infatti la ‘Commissione parlamentare d’inchiesta’ (Cpi) sulla vicenda ‘Argo 1’ e sulla gestione degli appalti nel settore dei richiedenti l’asilo, la maggioranza del Gran Consiglio – rappresentata praticamente da tutti i gruppi di governo – ha dato prova di consapevolezza e maturità politica in un momento molto delicato, ignorando chi predicava l’inutilità della vigilanza istituzionale e politica quasi fossero strumenti della demagogia. Il parlamento lunedì ha messo a tacere, in sintesi, chi ha tentato di rovesciare il campanile perché da sempre favorevole alla debolezza dello Stato.
Consapevolezza e maturità politica, si diceva. La prima è figlia di un lungo e meticoloso (nei limiti previsti dalla legge) lavoro di ricerca e audizione della Commissione di vigilanza voluta dalla Gestione del parlamento sui fatti noti (l’appalto diretto di oltre 3 milioni ad Argo 1 senza passare dal governo); chi ne ha fatto parte – l’ha detto espressamente lunedì in aula – ha preso atto dell’incertezza, della confusione, dei dubbi e delle non poche domande che restavano senza risposta anche dopo quel poco riferito dal Consiglio di Stato; governo che non più tardi di lunedì scorso ha ammesso, per bocca del suo presidente, di aver avuto notizie “a pizzichi e mozzichi” grazie alla stampa. E sta soprattutto qui la forte consapevolezza che ha conquistato la maggioranza parlamentare; l’aver capito per tempo che si trattava in fretta di ricucire il rapporto di fiducia fra istituzioni e cittadinanza. Pena l’inizio di un percorso che si sa come nasce, ma nessuno è in grado di dire come finisca. Con la costituzione della Cpi si è creata una diga fra la fiducia e il baratro.

La maturità politica della scelta va detta bene. Non era scontato arrivare sin lì. In primo luogo perché c’era chi pretendeva di chiudere il capitolo con il lavoro della giustizia penale. Come se non vi fosse altro fra libertà del cittadino e infrazione della legge. Come se la mediazione fra simili che vivono nella stessa comunità fosse stabilita solo in base all’ordine pubblico. Non è così e la storia lo insegna. Non era scontata la scelta di lunedì scorso perché il rapporto fra gruppi politici della maggioranza e consiglieri di Stato di riferimento non è mai stato facile e di reciproca indipendenza. Anzi. Le pressioni non sono certo mancate e nulla è trapelato a questo proposito durante il dibattito parlamentare, ma non deve essere stato facile per i capigruppo tenere duro e tirare dritto. Lo imponeva, come detto, la convinzione che le istituzioni democratiche restano, mentre gli uomini passano. Principio sacrosanto, ma non così di “moda” quando il gioco si fa duro e le poltrone iniziano a ballare.

Infine, e non ultimo, il Gran Consiglio ci ha messo una pezza là dove si era già aperta la falla del populismo dei novelli capi-popolo pronti a gestire il malessere e lo sbigottimento popolare; se n’è avuta avvisaglia anche lunedì sotto lo slogan “vi aspettiamo fuori” rivolto indistintamente a tutti i politici. Il parlamento, istituendo la Cpi, ha colto il disagio dei cittadini ricordando al contempo che i partiti politici – pur con tutti i problemi che conosciamo – restano l’unica esperienza di democrazia. La meno peggio. Come dire, dal male a volte può nascere il bene.

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