Apertura Alp Transit

Una partita aperta

Dalla galleria di base al collegamento dei porti del Nord con quelli italiani. Il percorso non è completo
(TI-PRESS/Infografia laregione)
23 maggio 2016
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I prossimi eventi per l’inaugurazione della galleria ferroviaria più lunga del mondo giustamente mettono in valore la grandiosità tecnica, le abilità della politica nel trovare convergenze interne ed esterne e soprattutto la volontà dei cittadini svizzeri di avere una ferrovia di pianura che, se da un lato cancella le Alpi, dall’altro traccia la via per la loro valorizzazione

di Remigio Ratti, economista*

 

AlpTransit diventa inevitabilmente un vettore di un’ampia politica pluridecennale da costruire nel connubio ‘Le Alpi e l’Europa’. Anche di fronte al traguardo odierno, non deve mancare un rinnovato slancio per un futuro dell’asse gottardiano, da governare nel nuovo campo di forze degli interessi economici e geopolitici. Vediamone alcuni. 

Ci si rimprovera un ‘peccato originale’, derivante dalla decisione della Svizzera, sia pur in accordo con i vicini, di impostare, programmare e finanziare gli investimenti per le gallerie ferroviari alpine di base in piena sovranità; vale a dire senza coinvolgere – come era stato il caso per la ferrovia dell’Ottocento, l’Italia (49%) e la Germania (26%) – o ancora le istituzioni dell’Europa comunitaria. È vero che gli accordi negoziati tra il 1999 e il 2001 avevano portato i due vicini all’impegno di adeguare le infrastrutture d’accesso ai grandi trafori alpini in funzione delle necessità. Ma la formula è sufficientemente generica, per considerare AlpTransit, dapprima come un progetto interno svizzero. Del resto le tre gallerie di AlpTransit (Loetschberg; San Gottardo; Ceneri) sono solo un segmento, sia pur cruciale, delle nuove trasversali alpine votate nel 1992. Questa impostazione spiega forse la scarsa conoscenza esterna di AlpTransit, ma nasconde a nostro avviso ben altri temi.

La politica svizzera dei trasporti si era da tempo concentrata sul tentativo di mettere strada e ferrovia in condizioni di concorrenza meno distorte: in particolare introducendo il principio della verità dei costi (includendo i costi ambientali e sociali), ma non disdegnando il mantenimento delle posizioni monopolistiche del servizio pubblico; quella europea invece, dall’inizio degli anni Novanta, fa ormai leva, senza disdegnare la verità dei costi (che fatica ad imporsi) sulla liberalizzazione dell’accesso al mercato, quindi principalmente sulla competizione all’interno stesso dei mezzi di trasporto. Il risultato è stato quello del progressivo ridimensionamento della posizione geopolitica e di mercato della Svizzera e delle sue ferrovie. La Svizzera subisce un’inversione nella logica della governanza dei mercati del transito transalpino. Se fino allora è stata quasi sempre in grado di far valere le proprie regole, ora lo scenario è mutato in favore dell’Ue. In particolare non sarà più l’operatore ferroviario svizzero, sia per le nuove condizioni quadro, sia per la forte concorrenza stradale, a determinare i prezzi di riferimento.

Così, in un quarto di secolo la giustificazione degli investimenti svizzeri nelle trasversali alpine è sempre meno ‘ferroviaria’ e sempre più quella voluta dal popolo per una governanza sostenibile della mobilità transalpina. Un risultato all’altezza della sfida storica della Svizzera, gestore dei transiti alpini, quindi a favore dell’Europa. Una fattura piuttosto salata, che abbiamo creduto di non far condividere: 23 miliardi di franchi nelle tre gallerie; un altro miliardo entro il 2020 per adeguare i profili e le linee d’accesso; i sussidi, sottaciuti, cumulati in oltre vent’anni (3 miliardi) per facilitare il passaggio gomma-ferro. Tuttavia l’obiettivo di limitare i transiti di veicoli stradali commerciali a 650mila annui non è per il momento raggiunto e la strategia svizzera (a meno di abbandonarla) deve confrontarsi ed essere colta all’interno dello scenario europeo, coi vicini, e con nuovi attori pubblico-privati. Essa richiede quindi ulteriori investimenti e convergenze politiche che non sono più solo svizzere né solo istituzionali.

La tensione si ritrova anche nella concorrenzialità tra i grandi itinerari transalpini dell’arco alpino centrale e dei rispettivi bacini di riferimento; un assaggio lo si è già avuto con l’apertura nel 2007 della prima delle tre gallerie di base, quella del Loetschberg di 34 chilometri tra il Canton Berna e il Vallese, sulla direttrice del Sempione. Si è registrato un dimezzamento del traffico merci lungo l’itinerario italo-francese del Frejus, continuato anche dopo gli adeguamenti strutturali e tecnologici che pur ci sono stati sulla vecchia linea anche perché non accompagnati da strutture complementari e d’organizzazione logistica. Cosa che invece si è avuta nell’area di Milano-Novara, dove anche grazie a investimenti svizzeri (Busto Arsizio), gli itinerari del Sempione e del San Gottardo si relazionano con i grandi terminali di Francia, Belgio e Olanda.

Decisamente più consistenti sono gli interessi in gioco rispetto all’altro itinerario transalpino, quello italo-austriaco del Brennero. Qui è in cantiere, sia pur con dieci anni di ritardo rispetto al San Gottardo, la costruzione della galleria ferroviaria di base di 55 chilometri (e addirittura di 62,7 chilometri includendo la galleria di circonvallazione di Innsbruck-Inntal­tunnel, già in esercizio) tra Innsbruck e Fortezza. L’investimento è principalmente in funzione di un riassetto a favore della ferrovia dei transiti sull’itinerario del Brennero, dove la quota tra ferrovia (1/3) e strada (2/3) è gravosamente inversa rispetto a quella svizzera. Anche se in principio i bacini di mercato dei due itinerari sono complementari bisogna pure ammettere l’esistenza di tensioni reali e potenziali nel loro riconfigurarsi in regime di liberalizzazione d’accesso alla rete e in funzione delle nuove opportunità offerte dalle gallerie di base e dal sistema delle piattaforme logistiche di riferimento. Il corridoio del Brennero – sulla verticale Scandinavia, Berlino-Monaco-Innsbruck-Verona-Bologna, Centro e Sud della penisola italiana – è al beneficio di essere tutto su territorio Ue e dell’intesa tra ferrovie germaniche, austriache e italiane. Un asse privilegiato che permette agli operatori in uno scenario liberalizzato di gestire razionalmente lungo lunghe tratte un volume di traffico, merci e passeggeri, dai forti potenziali di recupero dalla strada e di crescita. Una situazione più condizionante si presenta nel corridoio del San Gottardo, con lo scontro tra strategie ferroviarie e interpretazioni nazionali diverse, pur nel solco delle direttive europee. In una visione nazionale-settoriale l’esercizio della cinquantina di chilometri che separano Milano dal confine svizzero non dà prospettive di redditività, così che per Rfi – la rete ferroviaria italiana – bastano gli interventi infrastrutturali leggeri in corso, prevalentemente di natura tecnologica. Non parliamo della linea via Luino, giudicata non interessante, per cui la Svizzera ha voluto intervenire con un finanziamento di 140 milioni di euro.

Così, AlpTransit si ferma a Lugano. Per la Berna federale le capacità sarebbero sufficienti almeno fino al 2040-2050. Ma si dimenticano nuovi scenari, come quelli derivanti dal raddoppio del Canale di Suez (2015) e delle nuove correnti che gli operatori della logistica mondiale stanno portando sui porti liguri. Vogliamo correre il rischio di vedere i contenitori marittimi viaggiare su strada? E che dire del traffico viaggiatori? Anche qui non ci sarebbe necessità, pur vedendo i colli di bottiglia (ferroviari e stradali) tra Lugano e Mendrisio e quelli a sud di Como. Soprattutto, l’esercizio ferroviario è condizionato dalla collusione tra le esigenze delle diverse tipologie di treni (intercity; pendolari; merci). D’altra parte non si vede un vero e proprio inserimento nella rete intermetropolitana europea dell’alta velocità. Qui la parte svizzera mostra di temere l’accesso liberalizzato e non discriminatorio alla rete. Intanto, in risposta ai tanti temi ancora aperti, ambienti imprenditoriali lombardi stanno portando avanti su basi pubblico-private il concetto LuMiMed – di una linea Lugano-Milano-Mediterraneo (porti liguri). Obiettivo, anticipare al 2030-35 e su nuove basi la parte meridionale ancora mancante del corridoio europeo Rotterdam-Genova. E su questo campo occorreranno nuove intese politiche multiscala, corrispondenti alle esigenze di una mobilità e di uno sviluppo sostenibile per Eusalp, la nuova macro regione alpina definita a livello europeo – comprendente ben inteso anche la Svizzera e i suoi Cantoni – e prefigurazione di un’Europa delle Regioni.

 

*di Remigio Ratti uscirà in autunno ‘L’asse ferroviario del Gottardo - Economia e geopolitica dei transiti alpini, ieri, oggi e domani’ (Dadò)

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