Svizzera

Sequestrati dallo Stato

26 novembre 2015
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Bimbi strappati ai genitori, internati, perché figli illegittimi o nomadi: vite spezzate dallo Stato. Emergono i primi dieci casi in Ticino. Intanto il governo dà luce verde alla nuova legge federale in consultazione: vuole risarcire migliaia di vittime di collocamenti forzati. Il Ticino chiede più tempo per allestire decine (se non centi-naia) di dossier.

Decine di migliaia di innocenti strappati ai genitori e sequestrati dallo Stato: imprigionati, sterilizzati, piazzati a forza in istituti. La loro unica colpa era essere ‘illegittimi’, figli di madri sole, povere, vedove o di etnia nomade. A decidere non era un tribunale, ma un giudice di pace, il sindaco, il notaio, il prete. Questo avveniva in Svizzera fino al 1981. Anche in Ticino, come testimoniano i casi che emergono (vedi sotto), lo Stato ha rubato tante infanzie. Siamo all’inizio di una doverosa ricostruzione storica, verso chi (si stima in 20mila) soffre ancora per quelle violenze. Una pagina dolorosa della Svizzera, dove alcuni Cantoni e Città si sono scusati (non il Ticino!) e stanno elaborando vissuti che pesano come macigni; altri Cantoni nicchiano, sentendosi un’oasi felice in un mare di melma. Qualcosa si muove ora in Ticino, dove una decina di vittime ha chiesto aiuto al Cantone. E il governo ha appena dato luce verde (con qualche riserva) all’avamprogetto di legge federale sulle misure coercitive a scopo assistenziale e i collocamenti extrafamiliari prima del 1981 (Lmcce). Gli obiettivi: riconoscere e riparare i torti inflitti, salvaguardare i documenti e disciplinare la consultazione degli atti da parte delle vittime. La consultazione è finita il 30 settembre.
Ventuno articoli, 300 milioni di franchi per la ricerca e per risarcire le vittime. Chi sono, lo definisce in 8 categorie l’articolo 2 del progetto di legge: vittime di abusi, adozioni sotto pressione, castrazione, sterilizzazione, sperimentazione di farmaci, stigmatizzazione sociale... Definizioni troppo vaghe, secondo il governo ticinese, che evidenzia inoltre “la difficoltà di poter determinare quali collocamenti presso strutture o terzi fossero ingiustificati e quali persone oggetto di tali misure siano da reputarsi vittime ai sensi della Lmcce”. Detto in parole semplici: difficile ricostruire i fatti, perché i dossier sono sparsi negli archivi dei comuni e tanta carta è andata distrutta. Troppo pochi, lamenta ancora il Ticino, i sei mesi di tempo (definiti nell’articolo 5) dall’entrata in vigore della legge per chi domanda un contributo di solidarietà. L’Esecutivo ticinese propone due anni, ci vorrebbe più tempo per ricostruire un caso scavando tra gli archivi di uffici cantonali, comunali e di istituti. “La prospettiva di dover trattare in sei mesi decine e decine (se non centinaia) di dossier appare estremamente onerosa e difficilmente realizzabile” scrive il governo all’Ufficio federale di giustizia, in due paginette, firmate dal presidente Gobbi. Ma di internamenti forzati, il governo ticinese discusse già nel gennaio 2013, quando bocciò (su consiglio del Dipartimento di Gobbi) il progetto preliminare del Nazionale (in consultazione) sull’iniziativa (di Rechsteiner) per la riabilitazione delle persone internate su decisione amministrativa.
In quella seduta di governo solo il ministro Bertoli, secondo nostre fonti, si distanziò dalla decisione ricordando ai colleghi che una legge era necessaria, parlò di ‘autorità che abusavano delle proprie competenze’ e rammentò ai ministri (Borradori, Sadis, Beltraminelli, Gobbi) che ‘riparare moralmente a questa prassi scandalosa perpetrata fino al 1981 dalla nostre autorità è il minimo che si possa pretendere’. Bertoli era solo, in un cantone dove una lunga ombra continua a coprire questa scandalosa pagina di storia. Centocinquanta libri, ricerche, film, ma il Ticino che decide continua a pensare che sia un problema degli altri.

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