Commento

Se gli inquilini non ci sono...

(© Ti-Press / Benedetto Galli)
12 settembre 2017
|

Ci sono sempre più abitazioni vuote in Svizzera. A dircelo, con il bollo dell’ufficialità, è ora l’Ufficio federale di statistica (Ust) che in giugno ne ha contate ben 64’893, pari all’1,47% del totale.

A destare qualche preoccupazione è il fatto che rispetto all’anno scorso sono aumentate di 8’375 unità, con un incremento del 15%. E, dati alla mano, l’Ust ha calcolato che la percentuale di abitazioni non occupate (comprese le case unifamiliari) è cresciuta così costantemente per l’ottavo anno consecutivo.

In particolare negli ultimi anni questa tendenza al rialzo risulta sempre più pronunciata (cfr. servizio a pagina 9).

E quali sono le regioni più colpite? Sempre dati alla mano scopriamo che il numero di abitazioni vuote è cresciuto in tutte le sette grandi regioni della Svizzera, ma la progressione più accentuata su base annua è stata registrata in Ticino (con un tasso dell’1,59%).

Cosa ci dicono questi numeri? Che tutto sommato stiamo sacrificando sempre più territorio all’edificazione, fatto questo del quale ci siamo resi conto tutti in questi anni, dovendo convivere con cantieri e gru, tanto che il territorio ha cambiato volto sotto i nostri occhi a ritmi mai visti. Ritmi che, sino a una ventina di anni fa, ci volevano un paio di generazioni per accorgersene. Prima erano i genitori e i nonni a dirci che al posto di quel palazzo o di quel quartiere c’era un prato o un vigneto. Oggi lo possiamo dire tutti, partendo dalle nostre personali osservazioni.

L’offerta sembra dunque superare sempre di più la domanda. Perché allora continuare a costruire se gli inquilini non ci sono?

Perché sul mercato i tassi rimangono molto bassi e permettono (grazie al mattone) di fare investimenti ancora in grado di rendere almeno un pochino rispetto ad altri. Ma chi li fa? Soprattutto, ci pare di capire, gli investitori istituzionali (per esempio le casse pensioni) che continuano a ritenere il mattone ancora per qualche tempo sufficientemente sicuro. Poi c’è una crescente fetta di cittadini che ha fatto il salto da un appartamento in affitto a uno di proprietà, sperando che i tassi – la scommessa per ora è stata vinta – rimangano bassi. Anzi bassissimi come non mai.

Il dato sui tassi di sfitto, però, a medio termine potrebbe finire per nuocere, perché chi investe lo fa sperando anche di avere un ritorno, nella locazione appunto. Se non si riesce a locare (o a vendere) si resta con l’investimento sul gobbo, come sta già succedendo. Un esempio? Sulla cantonale in uscita da Giubiasco c’è una palazzina sorta dal nulla che è sfitta ormai da anni. Chi si assume da tempo i costi dell’investimento?

Ecco, se oltre a trasformare, se non addirittura a rovinare il nostro tessuto urbano, presto si dovessero moltiplicare gli sfitti, saremmo tutti doppiamente a perderci.

In primo luogo per la cancellazione di spazi verdi anche pregiati in città e fuori dai centri: per esempio lungo la collina che va da Sementina verso il Locarnese, quanti vigneti tipici di un certo Ticino sono stati sacrificati in pochi anni? A questi danni se ne potrebbero presto aggiungere altri che si chiamano svendite e persino fallimenti, che alla fin fine pagheremo tutti, perché i costi sociali in definitiva è la collettività a doverseli assumere.

In conclusione, quindi, ci si ponga un interrogativo a livello comunale/cantonale: perché non considerare anche la sostenibilità finanziaria di un investimento, quando l’ente pubblico rilascia una licenza edilizia, come già fanno gli istituti di credito?

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔