Commento

Posta, Ffs: pianger sul latte versato!

10 dicembre 2016
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Ci sono due incongruenze politiche che stanno occupando in modo particolare il Mendrisiotto. L’una riguarda la strategia della Posta, con la chiusura di uffici postali importanti. Questa volta non si tratta di comuni valligiani o dell’estrema periferia. Si tratta di grossi comuni che diventano meno interessanti di uno shopping-center. L’altra riguarda l’asse ferroviario AlpTransit stoppato a Lugano sino al 2054 (vi si potrebbe aggiungere anche l’aggiramento di Bellinzona pianificato solo a cavallo del decennio 2030-2040).
Alla politica o ai politici bisognerebbe ricordare un vecchio proverbio e un principio di logica. Il vecchio proverbio avvertiva che non bisogna piangere sul latte versato, soprattutto perché rimane poi avvilente per chi dopo deve cercare di pulire. Se ci fosse stata più attenzione e meno distrazione si sarebbe evitato il disastro. La Posta (come la Ferrovia) era un servizio pubblico che funzionava, fondato su un principio federalistico non economicista che fa la Svizzera e diventa anche politica regionale. Aveva la peculiarità, come servizio pubblico, di ripartire i costi generati da una parte (distribuzione, corriere) con i benefici realizzati da un’altra parte (telecomunicazioni). Sull’onda della liberalizzazione, della semi-privatizzazione, dell’aziendalizzazione (seguendo paradossalmente la vituperata Unione europea, dove i servizi pubblici non funzionavano), il servizio pubblico è stato in parte svuotato di senso e redditività e utili (e la Posta fa utili) sono diventati una priorità. Lasciando oltre tutto ciò che poteva generare utile al privato, persino a società estere e tenendosi (per obbligo costituzionale) quel che invece genera costi. Addurre che è l’evoluzione tecnologica-informatica che costringe a scelte gravose per la comunità è un non-senso. La gravità di queste situazioni è che politica e politici le hanno promosse, pressoché all’unanimità (persino con i voti socialisti o di qualche sindacato), senza valutare… il latte versato. Ripulire diventa poi quasi impossibile e le gravi conseguenze, anche per la democrazia, rimangono.
Il principio di logica dice che le conclusioni non possono essere più grandi delle premesse. Un affascinante saggio appena uscito di Remigio Ratti, già presentato in questo giornale (‘L’asse ferroviario del San Gottardo’) dimostra come si è venuti meno a questo principio di logica. È ovvio che se si pongono premesse restrittive da provincialismo nazionale, luogo frequentato o da politici miopi o da politici accecati dal solipsismo svizzero e dalla ricerca di un capro espiatorio esterno per le loro incapacità, non riesci a capire che AlpTransit non ha senso se rimane struttura non agganciata all’Europa e al Mediterraneo. È quello che è successo. Paradossalmente, nonostante una mozione (frenata dall’Udc) e poi un postulato di un ticinese antiveggente, il consigliere nazionale Sergio Salvioni, che poneva proprio come condizione l’interessamento diretto di Italia e Germania, anche finanziario (e ci sarebbe stato!), per Alp-Transit. È il ‘peccato originale’ di Alp-Transit (come dice Remigio Ratti): non saremmo né con vent’anni di ritardo né con le incertezze e le cose monche in cui ci troviamo se quell’impostazione fosse stata ascoltata.

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