Estero

Pestaggi e torture per i gay in Cecenia

(Carlo Reguzzi)
16 ottobre 2017
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Un omosessuale russo, Maxim Lapunov, residente in Cecenia, ha denunciato le autorità di violenze e persecuzione a causa del suo orientamento sessuale. Lo riporta Novaya Gazeta. E' la prima volta che qualcuno punta il dito contro le autorità cecene con nome e cognome. Lapunov chiede che s'indaghi sulle torture ai danni dei gay in Cecenia. Lo ha detto lui stesso alla conferenza stampa organizzata da Novaya Gazeta. Secondo il giornale, Lapunov viveva in Cecenia già da due anni al momento del suo arresto, dove lavorava come piccolo imprenditore. Nei primi di maggio 2017 ha chiesto aiuto alla rete russa LGBT e ha fatto sapere agli attivisti di essere stato fermato a marzo dagli agenti ceceni e detenuto per 12 giorni in un seminterrato, "forse nel dipartimento della polizia criminale del ministero dell'Interno regionale ceceno". Lapunov sostiene di essere stato "torturato" per fagli rivelare i nomi di "altri gay". Lapunov ha presentato regolare denuncia nell'agosto scorso alla garante per i diritti umani russa, che ha trasmesso il suo esposto al Comitato Investigativo.

Lapunov ha raccontato di essere stato fermato da "due persone vestite in borghese". "Mi hanno preso per le braccia e mi hanno condotto verso una macchina: io ho gridato 'aiuto!' ma mi hanno portato via", dice. "Siamo arrivati credo in un ufficio di polizia e sono stato accompagnato dal loro capo, che ha controllato il mio telefono. L'accusa principale era quella di essere gay", aggiunge Lapunov. Dopo il fermo sono iniziate le persecuzioni, le richieste di "fare i nomi" pena le torture. Lapunov si rifiuta ma alla fine cede e dà un nome ai suoi aguzzini. Ebbene, gli agenti rintracciano l'uomo, lo portano dove è detenuto Lapunov e lo picchiano. "Poco dopo - prosegue il racconto - hanno malmenato anche me. Mi accusavano di essere gay e che le persone come me andavano uccise. Ho creduto davvero che mi avrebbero fatto fuori. Poi mi hanno colpito con bastoni di plastica, non so per quanto ma molto a lungo: cadevo, mi lasciavano prendere il fiato e poi mi picchiavano ancora". Lapunov racconta di aver visto celle "sporche di sangue" e attrezzi per le "torture con l'elettricità".

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