Commento

Patria non bottega!

1 luglio 2017
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Ma certo che avere un consigliere federale o non averlo non è vitale per il Ticino! E certo anche che non lo vogliamo a qualsiasi prezzo. Se così fosse sarebbe tragico. Ce la caviamo anche senza.

Ha quindi ragione Luca Albertoni, direttore dalla Camera di commercio (vedi intervista di ieri rilasciata al Tages-Anzeiger “Es muss kein Tessiner sein” a pagina 7), che se smettessimo di brontolare e di continuare a pensare che siamo il fanalino di coda nazionale e che Oltralpe non ci capiscono, chiudendola con i dogmi di fede del leghismo e del paraleghismo che hanno contagiato tutte le formazioni, sarebbe meglio. E sarebbe anche più oggettivo, cifre e statistiche alla mano. Già, come non dargli ragione!
Non ha invece ragione, proprio no e ci teniamo a sottolinearlo, Luca Albertoni quando afferma che non bisogna crescere aspettative attorno all’elezione di un ticinese in governo perché poi, alla prima decisione presa contro il Ticino, si ricomincerà con il teatro e con le lamentationes. Non è così.

Non vogliamo che un ticinese torni nella sala comandi di Palazzo federale dopo quasi vent’anni di assenza perché faccia gli interessi del nostro Cantone (e detto chiaramente neppure quelli delle casse malati). Come, ci auguriamo, che nessun altro Cantone miri alla carica di ministro per difendere specificità locali/cantonali.
Sarebbe oltre che riduttivo, anche triste.

La questione è ben altra e prima di tutto e sopra tutto culturale e istituzionale. Rappresentare i colori della terza Svizzera e di una Svizzera plurilingue e plurietnica non vuol dire fare gli interessi economici e politici di una regione, nella fattispecie il Ticino.
No, vuol dire molto di più. Vuol dire credere concretamente in un paese che si vuole rispettoso delle minoranze linguistiche per tradizione, per storia, per identità, per valori espressi e lucidarne l’immagine. Un paese che, quando le minoranze portano un candidato o una candidata con il pedigree per sedere in governo, ritiene giusto assegnare quella poltrona. E – osiamo dirlo – ne va anche fiero.

La bandiera che un ministro è chiamato a onorare e a servire è quella rossocrociata. A scanso di equivoci ci tenevamo a precisarlo. Parliamo di Patria, non di bottega.
E già che siamo in tema due parole su quanto sta succedendo a Sud delle Alpi. Finalmente il Plrt ha rotto gli indugi dicendo esplicitamente di voler puntare su una sola candidatura per la successione di Burkhalter. Ci è parso di capire che, all’indomani dell’annuncio delle dimissioni del neocastellano, il partito è – scusate il bisticcio – partito lancia in resta guardando come un sol uomo in direzione di Ignazio Cassis e ora col candidato unico lì si giungerà il 10 di luglio. La pausa intermedia di un paio di settimane, nella quale si sono invece fatti altri nomi (Sadis, Vitta, dell’Ambrogio…), è servita soprattutto a stemperare (momentaneamente) la tensione attorno a Ignazio Cassis e a dare l’impressione che all’interno del Plrt ci fosse un’effettiva possibilità di scelta. Ma così non sarà. Staremo a vedere se la tattica di Bixio Caprara e colleghi sarà quella vincente.

Un fatto è comunque sicuro: a partire dalla formulazione delle candidature ufficiali a metà estate inizierà la vera campagna elettorale.
Molto in concreto: i possibili razzi dalla Romandia su Ignazio Cassis sono previsti subito dopo quelli festosi del primo di Agosto.

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