L'editoriale

Passata la festa gabbato il santo

19 febbraio 2016
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Risparmiando sull’infrastruttura (entrambi gli eventi sono previsti al padiglione Conza di Lugano, l’uno sabato e l’altro domenica), Plr e Ppd lanciano la campagna elettorale per le Comunali. Con un congresso-happening che è qualcosa a metà fra l’incontro politico e la festa paesana. Perché è così, oggi si crede, che si rinsaldano i rapporti e si entusiasma la truppa. Cosa per certi versi vera, dato che in ogni occasione come questa i due partiti storici ritrovano quell’entusiasmo che li ha fatti grandi. Peccato che il tutto duri lo spazio di un mattino, giusto il tempo di mangiare le tartine, fare un brindisi, battere le mani con convinzione agli oratori e poi tornare a casa, alla quotidianità fatta d’altro. Dove la politica occupa uno spazio sempre più piccolo. Negli Stati Uniti le chiamano ‘Convention’ e quest’anno avremo l’occasione di riscoprirne il fascino con la nomina dei candidati alla presidenza statunitense. Oltre Oceano, ça va sans dire, le proporzioni sono un po’ diverse. E negli Usa, ogni tanto vale la pena ricordarlo, vanno alle urne per eleggere (seppur in forma indiretta) il presidente, appunto. Scelgono sostanzialmente un uomo o una donna, dove ovviamente i riflettori si puntano. Orbene, col sistema elettorale ticinese siamo chiamati a votare per eleggere municipali e consiglieri comunali, che sempre donne e uomini sono ma anche rappresentanti di partiti con storia e programmi (buone intenzioni). Il sindaco è sì indirettamente eletto dal popolo (perché il più votato) ma in Municipio conta poco più degli altri municipali. Per non dire dei consiglieri comunali, pressoché equivalenti nella gestione del potere. Da qui la domanda: è sufficiente valorizzare le persone, ignorando quasi completamente le idee sul Comune che vorrei? Detta altrimenti, non dovrebbe stupire se oggi i cittadini-elettori scelgono sempre più il singolo – magari per qualità evidenti, non solo empatiche si spera – e vivono sempre più con distacco tutto ciò che chiamiamo ‘politica’. Nel senso che poco conta cosa davvero pensa o professa l’eletto. E se è così, non deve meravigliare il successo crescente della Lega dei Ticinesi (chissà se confermato anche in questa tornata), movimento-autobus dove chiara è solo l’identità data dal certificato di nascita e dove c’è posto per tutti, con qualsiasi identikit. Se dirsi ‘ticinesi’ è di per sé sufficiente per tutelare la ‘ticinesità’ di ogni cittadino qui residente e se quest’ultima è l’unica ragione per la quale battersi, tutto il resto (la politica, appunto) non serve. Cosa poi tutto questo abbia a che fare con Plr e Ppd, ovvero con la storia di chi ha creato e sviluppato lo Stato liberale (che vuol dire libertà, pluralismo e difesa delle minoranze) non ci è ben chiaro. È una questione di metodo, prima ancora che di merito. La festa ci sta, rasserena gli animi e stempera le tensioni, ma dovrebbe seguire una ‘fase d’impegno’ dove si rinnova, ogni quattro anni, il contratto con i propri elettori. Che chiedono risposte e soluzioni, checché se ne dica. E se queste ultime non ci sono, se ne vanno altrove. Come s’è notato nelle scorse settimane con la preparazione delle liste; tutti o quasi hanno faticato non poco nel trovare i candidati, non profili ideali, ma semplicemente disponibili. Vorrà pur dire qualcosa. Sempre che resti il tempo per le riflessioni del caso, fra un ‘post’ quotidiano su Facebook, un aperitivo con gli amici e un selfie con i fan. A ben vedere le feste di questo weekend sono solo la ‘quadra’ della politica 2.0. Effimera come una farfalla, appunto.

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