Commento

Maxi multa a Google, ecco cosa ci sta dietro!

30 giugno 2017
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Non limitiamoci a stupirci per l’entità da record (2,42 miliardi di euro) della maxi multa inflitta dall’Ue a Google per abuso della sua posizione dominante, ma cerchiamo di capire anche il perché e cosa ci sta sotto.

1. L’Unione europea rimprovera al motore di ricerca un fatto molto grave: quando inseriamo nella banda di ricerca il nome di un prodotto, Google ce ne propone tutta una serie. Ma i primi risultati che appaiono in alto alla schermata – e che vengono da noi maggiormente cliccati – appartengono spesso e volentieri al suo servizio di shopping online. L’analisi dei comportamenti dei consumatori è davvero impressionante: i primi 10 siti proposti nella lista dal motore di ricerca intercettano il 95 per cento dei clic, quello più in alto il 35 per cento. Ovvio dunque, come è stato fatto notare, che la posizione privilegiata premia su tutto, qualità compresa.


Quindi, prima sommaria conclusione per noi consumatori Google-dipendenti: crediamo di essere liberi nella scelta di un prodotto, ma di fatto siamo invece teleguidati, finendo per acquistare un prodotto fra quelli maggiormente evidenziati dal gigante americano e che molto spesso fa anche parte del suo shopping.

2. Altro aspetto: oltre ai prodotti dello shopping di Google (cioè suoi e proposti dal motore di ricerca) in pole position sulla lista propostaci vengono favoriti i marchi che pagano per risultare tra i primi. Questo lo si capisce dalla dicitura ‘Ann.’ (annuncio) o contenuto ‘sponsorizzato’, mentre le offerte libere da pubblicità finiscono sempre e solo sotto. Insomma: chi non paga per apparire è svantaggiato. Nulla di scandaloso per carità (il motore di ricerca è un’impresa privata), ma basta saperlo, così si va anche a cercare fra le offerte della terza o quarta pagina/schermata. Fermo restando che, comunque sia, non è dato sapere come sia stato elaborato l’algoritmo che pesca le offerte dal ‘mare magnum’ della rete e ce le ripropone al di là di quelle di chi paga e finisce in cima alla lista.

3. Ulteriore aspetto: e se statistiche alla mano si riuscisse a provare che vengono offerti in una posizione dominante prodotti targati Usa e/o prodotti che favoriscono interessi economici americani, a discapito di quelli made in Ue? Da un punto di vista economico, saremmo quindi di fronte a un super mega monopolio: generato da un motore di ricerca diventato senza dubbio già da anni fortissimo sul mercato (in Europa domina col 91,9%). Lo usiamo infatti praticamente tutti, senza alternative. E ora scopriamo che, a detta dell’Ue, influenzerebbe e indirizzerebbe le nostre scelte in base a criteri economici privati (Google sospettata di favorire se stessa) e pubblicitari (chi paga risulta in alto alla lista). E magari pure continentali (favorite nelle scelte le aziende Usa o amiche)?
Ebbene, non è più solo questione di aprire gli occhi, di renderci conto che nessuno ti offre qualcosa di comodo e pratico (un potente motore di ricerca nella fattispecie) gratis, ma che se vogliamo salvaguardare la nostra libertà di consumatori, i nostri interessi e la nostra cultura economica, dobbiamo entrare perlomeno come europei anche in questa dinamica, offrendo a noi consumatori qualcosa di simile.

Insomma, di fronte a un simile monopolio mondiale bisogna pensare ad alternative a livello di continente. Le multe, anche se ci sembrano megagalattiche, servono a poco, perché alla fin fine chi – in una simile posizione dominante – ha violato la legge, ha già guadagnato e continuerà a guadagnare somme astronomiche. I nuovi ricchi/padroni del mondo non sono più i petrolieri, ma gli inventori delle mele e dei libri delle facce che usiamo quotidianamente!

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