Commento

Lugano fra debiti e gioielli di famiglia

Michele Foletti
(Gabriele Putzu)
21 luglio 2017
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È decisamente migliorato lo stato di salute delle finanze in città. Negli ultimi quattro anni Lugano ha fatto bene i conti e l’uscita dalla malattia cronica si avvicina. Quantomeno per la gestione corrente, anche se il pareggio dei conti non è ancora strutturale. In altre parole, è stato ottenuto grazie a fattori esterni e imprevedibili che probabilmente non si ripeteranno, come ha rilevato nell’intervista che proponiamo oggi (cfr. pagina 2) il titolare del Dicastero finanze cittadine Michele Foletti che invita i colleghi di Municipio, il legislativo e l’Amministrazione pubblica a mantenere anche in futuro la disciplina finanziaria. Perciò, le misure di risparmio introdotte nel 2013 con la manovra di rientro dalle cifre rosse devono rimanere in vigore. Non c’è alternativa. Resta però il grosso problema rappresentato da quel miliardo di franchi di debiti accumulato con le banche che è stato finora solo leggermente contenuto.

Un problema sottolineato pure dal rating di Moody’s che prima o poi andrà affrontato di petto dalla politica cittadina. E sarà meglio non ritardare troppo l’approfondimento di questa questione particolarmente spinosa a livello politico. Sì, perché i segnali e gli orientamenti che giungono dalla Banca centrale europea parlano senza troppi giri di parole di un aumento del costo del denaro (cfr. nostro commento, mercoledì, di Generoso Chiaradonna). E i tassi d’interesse sono inevitabilmente destinati a salire progressivamente anche alle nostre latitudini, se non quest’anno, nel 2018. Con preannunciate pesanti ripercussioni per chi, come la Città, ha poco meno di un miliardo di debiti. Del resto, anche l’esecutivo è ben consapevole di questo fattore critico. Infatti, riconosce che l’obiettivo di diminuire l’indebitamento in maniera importante non è stato raggiunto. Ma un conto è riconoscerlo, un altro è formulare proposte concrete e dibattere, magari anche pubblicamente, su quale strada intraprendere per uscire dal guado.

Sì, perché di soluzioni a disposizione non ce ne sono poi così tante. Da una parte, si potrebbe intervenire a livello di imposizione fiscale. Tuttavia, non paiono esserci i presupposti politici nemmeno per un’entrata in materia su un eventuale aumento del moltiplicatore d’imposta, dopo il balzo di 10 punti dal 70 all’80 per cento di quattro anni fa, malgrado tale incremento non abbia provocato l’atteso fuggi fuggi di contribuenti facoltosi né di aziende. E allora rimangono i cosiddetti gioielli di famiglia da mettere in vendita. Parliamo di immobili di valore, oppure, per tagliare una volta per tutte la testa al toro, di Ail Sa o di Verzasca Sa. Il capodicastero Finanze ne accenna brevemente nell’intervista. La prima società, valutata attorno ai 700 milioni di franchi, è la classica gallina dalle uova d’oro ma ci sarebbe tutta una serie di conseguenze da approfondire, a cominciare dalla rinuncia al consistente dividendo annuale. Anche la cessione dell’altra società, di cui la Città detiene i 2/3 della quota azionaria (il resto è del Cantone), non pare un’operazione così facile da intraprendere, per ragioni tecniche e politiche.

Insomma, la locomotiva economica luganese non ha ripreso a correre come faceva fino al 2012, non può più permettersi investimenti attorno ai 100 milioni di franchi all’anno ma sta tenendo una velocità di crociera economicamente sostenibile. E cerca di individuare altri settori economici su cui puntare dopo il crollo del gettito proveniente dal settore bancario. L’orizzonte è meno nebuloso anche se i frutti non si potranno gustare tanto presto.

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