Impact Journalism

Losone fa scuola nell'accoglienza dei richiedenti

(Pablo Gianinazzi)
20 giugno 2015
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di Serse Forni, laRegione

Migranti in fuga da spaventose realtà. I richiedenti l’asilo giungono in Ticino dall’Africa, attraverso l’Italia. Sulle spalle un viaggio terribile e pericoloso. Dietro di sè tutto e tutti.

La Confederazione prevede per loro la registrazione e una visita medica nella città di confine di Chiasso. Poi la trasferta verso altri luoghi, dove l’attesa di un permesso di soggiorno può durare fino a tre mesi. Uno dei Centri d’alloggio più grandi della Svizzera, con 170 posti, è stato aperto il 20 ottobre 2014 in una caserma militare dismessa a Losone, in una località a vocazione residenziale e turistica con circa 6mila abitanti.

Le resistenze iniziali, accompagnate da ricorsi, da una raccolta di firme e da numerose interrogazioni alle autorità, si sono sciolte al calore dei sorrisi dei primi ospiti.

Nel giro di poche settimane, attorno a quello che è stato battezzato Alloggio San Giorgio, si è creata una rete d’accoglienza, con gruppi di lavoro istituzionali o spontanei. Il risultato ha superato le più rosee aspettative : «Rappresenta una sorta di modello, un buon esempio – sostiene Antonio Simona, supervisore della struttura per la Segreteria di Stato della migrazione (Sem) –. Da una parte chi arriva riceve un messaggio positivo. Dall’altra viene favorita una convivenza serena tra la popolazione del posto e i richiedenti l’asilo».

Tre le colonne portanti di questo sistema, che si sta dimostrando davvero efficace. La prima è legata all’organizzazione e alla gestione del centro stesso, all’interno del quale vengono organizzate attività diverse: dallo sport ai laboratori creativi, passando per le sale comuni, dove conversare e giocare. Senza dimenticare i lavori domestici, con i diversi compiti suddivisi fra gli ospiti, e l’assistenza spirituale per chi ne fa richiesta. 

La seconda è rappresentata dal Gruppo d’accompagnamento, composto da autorità locali, rappresentanti del Sem e della società privata che gestisce la struttura. I municipali di Losone Fausto Fornera e Alfredo Soldati spiegano come funziona: «È una piattaforma di dialogo, che porta a trovare in tempi rapidi, e spesso anche in modo informale, soluzioni ai problemi più disparati». Al Comune spetta pure il compito di proporre dei lavori di pubblica utilità per occupare gli ospiti del centro che desiderano darsi da fare e guadagnare qualche soldo. Per il 2015 sono state pianificate 12mila 500 giornate di lavoro. Quotidianamente vengono impiegate da 25 a 30 persone in mansioni semplici. Il salario è di 30 franchi al giorno.

«Questi impieghi sono molto ambiti tra i richiedenti l’asilo – commenta ancora Simona –. Il lavoro  restituisce dignità. Inoltre, gli abitanti sono contenti di vedere i richiedenti l’asilo affacendati sui sentieri, nei boschi o sulle aree pubbliche».

La terza colonna è costituita dal Gruppo d’accoglienza, nato spontaneamente e fondato da circa 25 volontari: una volta alla settimana ricevono in una grande sala da 20 fino a 50 richiedenti l’asilo per passare del tempo assieme, giocando, chiacchierando e svolgendo attività manuali e creative. Nel corso di questi incontri è un dare e un ricevere. Ci si scambiano parole e gesti. Si cerca di portare conforto. Occasioni preziose per costruire un rapporto positivo tra persone lontane per cultura ma vicine per convivenza. «Con l’arrivo della bella stagione abbiamo in programma anche escursioni e gite nella regione», sostiene il portavoce dei volontari Antonio Lisi.  L’appoggio affettuoso della popolazione si manifesta pure con una gara di solidarietà per procurare abiti e oggetti d’uso quotidiano: vestiti, giocattoli, mobili e utensili di ogni genere vengono raccolti e portati all’ex caserma, dove poi sono distribuiti a chi ne ha bisogno.

Gli ospiti, per lo più provenienti da Paesi africani (Eritrea, Nigeria, Somalia, Senegal e altri) rigraziano per il calore umano con il calore umano. Sono riconoscenti con chi si adopera per farli sentire benvoluti. 

C’è però anche l’altro lato della medaglia: qualche episodio che ha richiesto l’intervento della Polizia all’interno del centro. All’esterno, tuttavia, mai nessuno scontro. Restano delle sacche di resistenza fra gli abitanti, che si manifestano essenzialmente sui social, seminando paure e alimentando l’astio.

Una negatività che si affievolisce con il passare del tempo di fronte a quello che viene riconosciuto da più parti come un esempio d’accoglienza, nella tradizione di una Svizzera (e di un Ticino) che è storicamente rifugio ospitale per migranti in fuga da spaventose realtà.

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