L'editoriale

L’oro appesantirà il franco svizzero

26 novembre 2014
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Domenica prossima sapremo se la Banca nazionale dovrà, per forza di un dettame costituzionale, avere almeno il 20% del suo bilancio in oro. In caso di accettazione dell’iniziativa popolare denominata ‘Salvate l’oro della Svizzera’, l’autorità monetaria avrà cinque anni di tempo per rispettare la volontà popolare.
Già oggi l’oro nei forzieri della Bns ammonta a circa l’8% delle sue riserve. Le conseguenze di un ‘sì’ il 30 novembre per l’economia svizzera – soprattutto per quella votata all’export – sarebbero immediate. Per prima cosa gli eventuali massicci acquisti di metallo giallo destabilizzerebbero il mercato di tale bene, già surriscaldato di suo. Molti operatori fuori dai confini nazionali stanno alla finestra in attesa dell’esito del voto. In un senso o nell’altro, il prezzo dell’oncia d’oro, c’è da scommetterci, all’apertura dei mercati si muoverà; e di molto anche.
Ma non sarà solo il valore del metallo giallo a muoversi. Nelle ultime settimane sono aumentate le puntate speculative per abbattere la soglia di 1,20 per euro prudentemente fissata dalla Banca nazionale oltre tre anni fa per evitare un eccessivo rafforzamento della valuta svizzera. In concreto quell’intervento svalutò (fatto raro) il franco di circa il 20 per cento nei confronti della moneta unica europea. L’industria d’esportazione ancora ringrazia, visti i recenti brillanti risultati in termini di bilancia commerciale. Il surplus verso l’estero è elevato e costante ormai da anni: garantisce che migliaia di posti di lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero, non vengano delocalizzati. Altri campi, in particolare quello turistico, risentono ancora della robustezza della moneta svizzera.
Un altro dei motivi che avevano portato i vertici di allora dell’istituto di emissione a intervenire sul tasso di cambio era costituito dal rischio deflazione, ovvero il calo generalizzato di prezzi e salari. Cosa non ancora scongiurata. Con un sì il prossimo 30 novembre tale argine verrebbe fortemente abbassato.
Certo, tecnicamente la Bns potrà continuare ad accrescere il suo bilancio per contrastare l’apprezzamento del franco; e questo finché la Bce continuerà ad aumentare il suo, di bilancio. L’istituto centrale svizzero avrà comunque meno flessibilità nel decidere come distribuire il suo portafoglio, visto che il 20% dovrà essere costituito da oro. Se, tuttavia, la Bce decidesse di procedere con un ‘quantitative easing’ (stampa di moneta contro titoli di debito sovrano), per la Bns, appesantita dai lingotti, diventerebbe troppo rischioso seguirla. Ed è questa potenziale divergenza fra gli obiettivi delle due autorità monetarie che metterebbe a rischio la soglia a 1,20.
Siccome l’economia svizzera non è un’isola in mezzo al Pacifico (magari lo fosse, direbbero alcuni che si credono maggioranza), la Bns non potrebbe ignorare i fattori esterni e dovrebbe adattare la sua strategia al contesto internazionale. Si ritroverebbe così – in un momento in cui le altre banche centrali staranno normalizzando la loro politica monetaria – con ingenti quantità d’oro inalienabili. Una seria ipoteca sul futuro economico e monetario della Svizzera. Ma questo accadrà solo se vincerà il sì.

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