Commento

La Scolastica ai tempi nostri

7 settembre 2017
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Sono tempi complicati, lo sappiamo. Viviamo un’epoca in cui la politica non ha più lo spazio di un tempo e, consapevole, spesso annaspa alla ricerca disperata di visibilità. O anche, è un periodo che denota tutta la fragilità della rappresentanza popolare, perché la delega viene espressa da un numero sempre più ridotto di elettori e i confini del territorio politico si allargano a dismisura sino a non comprendere più chi comanda cosa. E però, proprio per questo servirebbero maggior capacità di analisi, di sintesi e di autorevolezza.

L’abbiamo presa larga per arrivare a dire che l’attività delle commissioni parlamentari ticinesi – e spesso dell’intero plenum granconsiliare – negli ultimi tempi gira un po’ su se stessa, come se non avessero chiaro l’obiettivo, il progetto. Di più, come se non fosse eloquente il ruolo di chi lì si siede. L’ultimo esempio è di questi giorni. La Commissione scolastica esamina la politica universitaria cantonale 2017-2020, nonché il contratto di prestazione stipulato dal Canton Ticino con Usi e Supsi. Sul tavolo dei deputati anche l’idea di introdurre una Commissione di controllo del mandato pubblico per l’attività delle stesse scuole accademiche. Se nel primo caso siamo nella prassi – eppur non mancano le sorprese –, nel secondo si ha a che fare con una novità, almeno in questo settore perché un simile strumento di vigilanza è già in vigore per BancaStato e Aet.
Stabilito che la politica ha il potere di decidere le regole del gioco coi partner finanziati, a maggior ragione perché rappresenta la stragrande maggioranza dei cittadini contribuenti, resta da capire con quale metodo e per quale fine. Ci preoccupa, ad esempio, la risposta dettagliata dell’Usi pubblicata ieri dai quotidiani ticinesi in replica ad alcune critiche della Commissione scolastica, appunto. Ci preoccupa perché non è abitudine che un ente direttamente coinvolto avverta l’esigenza di, come dire, prendere di petto un’istituzione parlamentare e se lo fa deve averne valide e importanti ragioni. Nel caso specifico – stiamo al comunicato universitario – si precisa che nel documento (il rapporto sui messaggi governativi) elaborato vi sarebbero macroscopici errori di forma, come ad esempio la non conoscenza dello statuto universitario e delle modalità di nomina per i professori assunti all’Usi. Se così fosse (ieri abbiamo inutilmente atteso la risposta dei commissari), si sarebbe di fronte a un’evidente mancanza di conoscenza e quindi un’altrettanta palese incapacità di deliberare. Perché la replica dell’Usi è decisamente forte ed esplicita.

Non è la prima volta che capita, purtroppo, sempre alla suddetta commissione che in passato ha convinto la maggioranza del Gran Consiglio ad approvare l’obbligo delle “settimane bianche” sui monti ticinesi, salvo poi scoprire che la “nobile” esigenza non può essere soddisfatta perché mancano le strutture di accoglienza e persino… la neve.
Siamo di fronte, anche questa volta, a una lettura “affrettata” della realtà o sono invece i “poteri forti” a ribellarsi nei confronti dell’ormai troppo fragile politica cantonticinese che dimostra qui un sussulto d’orgoglio? La risposta è urgente, anche perché proprio in questi giorni siamo chiamati a votare sull’introduzione o meno della civica come materia a sé stante nelle scuole ticinesi. E ci piacerebbe capire di quale materia stiamo parlando... Perché ancora una volta vale la pena ricordarlo: più delle parole (e delle nozioni) è istruttivo il buon esempio.

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