Spettacoli

La notte degli Oscar anti Trump

(MIKE NELSON)
26 febbraio 2017
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"Allacciate le cinture, sarà una notte movimentata". La battuta è di Bette Davis in Eva contro Eva ma potrebbe essere facilmente adattata alla notte degli Oscar 2017, perché le previsioni dell'ultima ora indicano che quella di quest'anno sarà una cerimonia vivacizzata dalle frecciate politiche che la comunità di Hollywood indirizzerà all'amministrazione Trump.

Con un pubblico di oltre 100 milioni di spettatori in tutto il mondo è molto plausibile infatti che più di un vincitore colga l'occasione per lanciare messaggi critici nei confronti del nuovo presidente degli Stati Uniti. Meryl Streep, Mahershala Ali, Viola Davis, Dev Patel, Jeff Bridges e molti altri hanno già avuto occasione, durante la stagione dei premi iniziata a gennaio, di dire la loro contro la nuova amministrazione.

Altrettanto potente sarà un'assenza, quella del regista di uno dei candidati all'Oscar per il miglior film straniero: l'iraniano Asghar Farhadi, candidato per The Salesman, ha deciso di non essere presente in aperta protesta contro le misure restrittive in entrata negli States imposte a sette paesi, Iran compreso. Anche se il bando è stato sospeso, Farhad non ci sarà.

In passato ci sono stati diversi momenti altrettanto politici. Michael Moore nel 2003, accettando l'Oscar per Bowling for Columbine disse: "Chi fa documentari ama la realtà e noi amiamo la realtà anche se viviamo in un tempo finto in cui ci sono state elezioni finte". Il discorso era rivolto all'elezione di George W Bush e finiva con un potente "Vergogna, Signor Bush". Tre anni fa, ben prima dell'idea di Trump di costruire un muro fra Stati Uniti e Messico, Alejandro González Iñárritu parlò sul tema dell'immigrazione. "Mi auguro che i messicani che vivono in questo paese vengano trattati con la stessa dignità e rispetto delle persone che sono arrivate prima ed hanno costruito questa incredibile nazione di migranti". Più indietro nel tempo, nel 1978, Vanessa Redgrave ricevette applausi e fischi per aver definito "un gruppetto di delinquenti sionisti" gli autori di una protesta contro il documentario The Palestinian, da lei prodotto e narrato. Nel '93 Richard Gere, denunciò la violazione dei diritti umani in Tibet da parte della Cina ma il gesto che è rimasto alla storia è quello di Marlon Brando, nel 1973, che vinse la statuetta per la parte di Don Vito Corleone in Il Padrino ma non accettò il premio e fece salire sul palco l'attivista Sacheen Littlefeather, che spiegò il gesto di Brando come protesta per "il modo in cui i nativi americani sono trattati dall'industria del cinema".

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