Impact Journalism

La domenica dei sogni

22 settembre 2014
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di Amelia Tan / The Straits Times, Singapore

Ogni domenica, lo United World College, una scuola internazionale di Singapore per bambini espatriati, apre le porte a un tipo tutto particolare di studenti stranieri: le collaboratrici domestiche che inseguono il sogno di cambiare la propria vita. Queste donne, per la maggior parte provenienti da Paesi del Sud-est asiatico quali Filippine, Indonesia e Birmania, stanno imparando a lanciare attività lavorative in proprio, come caffè e negozi di rivendita al dettaglio. Se hanno successo, gli introiti derivanti dalle loro attività le aiuteranno a integrare la loro paga mensile di 500 dollari di Singapore (circa 400 dollari americani), che già percepiscono lavorando come cuoche e donne delle pulizie per le famiglie di Singapore.

Le lezioni sono tenute dall’associazione non governativa Aidha, l’unica che a Singapore è specializzata nell’insegnare alle domestiche come gestire i propri risparmi e iniziare attività in proprio. Nella città-stato, altre organizzazioni non-profit o d’ispirazione religiosa tengono corsi di inglese, oppure corsi di cucina, assistenza e così via.

Fondata nel 2006, l’Aidha prende il proprio nome da una parola in sanscrito che significa: “Ciò cui aspiriamo”. «È un nome calzante, visto che la nostra missione è proprio quella di aiutare le domestiche a coronare i propri sogni nonostante le difficoltà che le aspettano al varco», dice la manager del gruppo Karen Fernandez. Povertà e stenti sono leitmotiv comuni nelle storie della maggior parte delle 214’500 domestiche di Singapore. Molte di loro sono donne giovani, di poco più di vent’anni; e spesso sono loro le uniche fonti di sostentamento per le loro famiglie, che a loro volta, per assicurare un lavoro alle ragazze, contraggono ingenti debiti con agenti di lavoro. Le tariffe delle agenzie per il lavoro possono arrivare a qualcosa come 3’200 dollari americani, azzerando così di fatto lo stipendio delle domestiche durante il loro periodo di lavoro iniziale, talvolta addirittura per tutto il primo anno.
Dopo avere ripagato i debiti, ogni mese queste domestiche inviano lealmente i loro guadagni alle famiglie in patria; sennonché in tal modo si ritrovano con ben pochi risparmi in tasca, pur avendo lavorato a Singapore per anni.

Commosse dalle difficoltà che attanagliano queste donne, l’attivista sociale Melissa Kwee e la scrittrice Audrey Chin cercarono di escogitare due modi per aiutare le domestiche a spezzare il loro circolo di povertà. Nel 2001, alle due venne l’idea di sviluppare un programma di alfabetizzazione finanziaria per queste lavoratrici.Coinvolsero l’organizzazione non-profit ‘UN Women Singapore’ per la gestione del programma, che proseguì fino al 2005, quando si interruppe a causa di una riorganizzazione del gruppo. Alcuni membri di ‘UN Women Singapore’ erano però determinati a continuare il programma di alfabetizzazione finanziaria, ed è così che nel 2006 decisero di fondare l’Aidha. Da allora, l’Aidha si è occupata della formazione di più di 2’600 domestiche. Sono previsti due corsi domenicali spalmati su un arco di tempo di 18 mesi, con lezioni tenute da un pool di circa 200 volontari provenienti da ambiti diversificati come informatica, scienze bancarie e ricerca. Nel primo corso, le domestiche acquisiscono abilità informatiche e comunicative, oltre ad imparare come gestire i propri risparmi. Nel secondo corso, imparano come lanciare e gestire un’attività in proprio.

Alle lavoratrici, seguire entrambi i corsi costa 550 dollari di Singapore, ma per la maggior parte di loro sono i datori di lavoro a contribuire al pagamento delle tasse. I donatori intervengono anche per aiutare l’Aidha a sostenere i suoi costi operativi.

Per comprendere il successo degli sforzi dell’Aidha, basta dare un’occhiata ai numeri: circa la metà delle collaboratrici domestiche che l’Aidha ha formato, ha lanciato o fatto investimenti in una propria attività.

«Cominciano in piccolo, ma le loro attività possono lentamente diventare una fonte alternativa di reddito», dice la signora Fernandez. «Ciò dà alle donne la possibilità di smettere di lavorare come domestiche in futuro».

A detta delle domestiche che hanno seguito i corsi, una delle abilità più importanti che hanno acquisito è quella di rifiutare le richieste dei loro parenti quando questi domandano sempre più soldi.

Ecco cosa racconta Gladys Dizon (47 anni), proveniente dalle Filippine: «Mi sentivo in colpa per non essere con i miei figli. Vorrei continuare a mandare loro soldi, in modo che si possano comprare tutto ciò che vogliono. Ma ho imparato che devo anche risparmiare per il mio futuro».
I volontari sostengono che i corsi aiutano anche le donne a diventare più sicure e spigliate.

«Le signore sono molto silenziose all’inizio del corso, ma con l’aiuto di volontari e colleghe diventano più sicure di sé», osserva David Tan (33 anni), biologo che ha lavorato come volontario all’Aidha per due anni. «Il cambiamento è davvero notevole».

Per l’Aidha, la prossima sfida all’orizzonte è quella di convincere i datori di lavoro delle domestiche di quanto la propria missione stia avendo successo; l’obiettivo è far sì che più datori di lavoro permettano alle loro domestiche di seguire i corsi di formazione. Molti di loro, racconta la signora Fernandez, sono preoccupati all’idea che le loro domestiche smettano di lavorare dopo aver iniziato un’attività in proprio.
«Per tutta risposta, io chiedo loro di pensare se si augurerebbero che le loro madri, sorelle o mogli facessero una vita da domestiche», continua la signora Fernandez. «Dovrebbero dare a queste donne la possibilità di ritagliarsi un futuro migliore».

Alcuni datori di lavoro sono poi riluttanti a lasciare che le collaboratrici vadano a lezione di domenica, quando invece potrebbero rimanere a casa a sbrigare le faccende domestiche. A Singapore è infatti legale pagare le collaboratrici domestiche perché lavorino anche nei giorni liberi. Alcuni sono invece preoccupati all’idea che le giovani donne, uscendo la domenica, possano finire invischiate in brutte compagnie.
«Continueremo la nostra opera di persuasione nei confronti dei datori di lavoro, con la speranza di far cambiare loro idea», dice la signora Fernandez.

La speranza espressa dalle domestiche è che più datori di lavoro supportino i loro sogni.
Alcune sono state ispirate dai corsi dell’Aidha al punto da ritornare all’Uwc per dare una mano. La collaboratrice indonesiana Dewi Lestari (27 anni), dopo aver conseguito il proprio diploma all’Uwc due anni fa, vi si reca ogni domenica. Dice: «Vengo qui, incontro i miei amici e do consigli alle domestiche che vogliono iniziare la propria attività. È un modo migliore di impiegare il tempo che andare al centro commerciale».

Da domestica a imprenditrice

Visto il suo sorriso contagioso e la sua personalità spumeggiante, è difficile immaginare che la domestica indonesiana Diyah Supeni (41 anni) fosse una persona timida e silenziosa.

Le cose sono cambiate cinque anni fa, quando si è iscritta ai corsi dell’Aidha per capire come lanciare una propria attività. Ai corsi ha imparato come parlare con sicurezza, e come risparmiare per i propri investimenti.

La donna, madre single di due studenti universitari, partiva con ben pochi risparmi, pur avendo lavorato a Singapore per sette anni. Aveva iniziato a risparmiare 50 dollari di Singapore al mese, che sono poi diventati 200. Questo gruzzoletto ha dato una spinta poderosa alla sua fiducia in se stessa.

«Mi preoccupavo sempre dei soldi, ma da quando ho imparato a eliminare certe cose superflue, i miei risparmi sono cresciuti. Mi sono sentita orgogliosa di saper amministrare i miei soldi», dice Diyah. Due anni fa, aiutata da un prestito elargitole dalla sua datrice di lavoro, un’anziana donna sulla settantina, la signora Diyah ha prelevato 1’500 dollari di Singapore dai propri risparmi e li ha investiti per lanciare un’attività di arredamento con la sorella minore a Kendal, il loro paese natale in Indonesia (Java centrale).

È stato qui che le lezioni seguite ai corsi dell’Aidha sono entrate in gioco. Facendo molta ricerca di mercato, Diyah ha iniziato ad analizzare le esigenze dei clienti e a scovare mercati emergenti.Ha così capito che, nel suo paese natale, ben pochi abitanti sarebbero stati in grado di permettersi mobili da 200 dollari americani, il prezzo medio di un divano al suo negozio. Per paesani che guadagnano meno di 100 dollari americani al mese, quel prezzo equivale a una piccola fortuna.

La signora Diyah ha deciso allora di far pagare i mobili ai propri clienti con rate mensili da 20 dollari americani. L’idea ha riscosso un successo immediato: attualmente il negozio della signora Diyah vanta un reddito utile di 250 dollari americani al mese. Sull’onda del successo, la signora Diyah ha poi espanso la propria attività, per dedicarsi anche alla vendita di materiali per l’edilizia, come cemento e mattoni.

La signora Diyah spera inoltre di riuscire a lanciare una produzione di snack nella sua cittadina natale, il che le permetterebbe di dare lavoro alle casalinghe. “Voglio aiutare le donne a guadagnare a casa loro”, spiega la signora Diyah. “In questo modo non avranno bisogno di lasciare le loro famiglie per andare a lavorare all’estero come domestiche. All’estero conduciamo una vita triste e sola”. Queste ambizioni scaldano il cuore, dice il figlio del suo datore di lavoro, l’avvocato S. Baratham.

«Oltre a promuovere indipendenza e abilità di pianificazione, l’Aidha instilla lo spirito di ricompensare altri per quello che si è ricevuto», afferma il signor Baratham.

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